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mercoledì 22 aprile 2009

Collaborare sì... essere sotto scacco no!

Di: Salvatore Marino - SanMarinoOGGI

Il coinvolgimento della Comunità Europea in tema di lotta al riciclaggio di denaro frutto di attività illecite ha cominciato ad emergere all’inizio degli anni ‘90, con la progressiva realizzazione della libera circolazione dei capitali e alla conseguente presa di coscienza della necessità di perseguire una politica criminale comune al fine di impedire che il completamento del mercato unico potesse compromettere la sicurezza dei cittadini degli Stati membri.

Muovendo dalla constatazione che uno dei metodi più efficaci per combattere la criminalità in ogni sua forma consiste nel privare i criminali dei proventi dei reati. Per questo l’8 novembre 1990 gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno firmato la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato.

Il documento prevede che gli Stati che aderiscono alla Convenzione si impegnino a prendere tutte le misure necessarie a procedere alla confisca di beni e di strumenti provenienti da reati di riciclaggio, nonché all’adozione delle misure legislative atte a consentire l’impiego di speciali tecniche di investigazione che possano agevolare l’identificazione e il ritrovamento dei proventi.
Gli Stati sono inoltre tenuti a collaborare fornendo tutte le informazioni relative all’esistenza, all’ubicazione, alla natura, allo stato giuridico e al valore dei beni suscettibili di confisca. Allo scopo di evitare che coloro che procedono al riciclaggio possano avvantaggiarsi dell’anonimato per svolgere le proprie attività criminose, gli Stati membri ritengono necessario che gli enti creditizi e finanziari procedano all’identificazione dei clienti che eseguono operazioni che superino l’importo di 15.000 euro, nonché di coloro i quali effettuino operazioni di valore inferiore, laddove sussista comunque il sospetto di riciclaggio.
Le informazioni fornite dagli enti creditizi e finanziari devono essere inviate alle autorità incaricate della lotta al riciclaggio dello Stato membro in cui è situato l’ente creditizio in questione, e non possono essere utilizzate per scopi che esulano dalla lotta al riciclaggio; gli enti creditizi e finanziari sono inoltre tenuti ad instaurare efficaci procedure di controllo interno tese ad impedire il compimento di azioni legate al riciclaggio.

L'AIF DI SAN MARINO A San Marino è stata costituita l’Agenzia Indagini Finanziarie (AIF) che ha come specifico compito vagliare le segnalazioni pervenute e attivare autonomamente controlli. Nell’ambito del Piano d’azione contro la criminalità organizzata varato nell’anno 1997, il Consiglio e la Commissione sono state invitate ad avanzare proposte tese a sviluppare ulteriormente la normativa in tema di confisca dei proventi di reato e relativo riciclaggio. Ciò attraverso l’istituzione di speciali procedure miranti a facilitare l’individuazione e il sequestro dei proventi di reato, la previsione di sanzioni dissuasive a carico di chi non rispetta l’obbligo di rendere note le operazioni finanziarie sospette e l’impiego di strumenti monetari elettronici e di Internet per facilitare la lotta al riciclaggio.

È L'ITALIA A SPINGERE Le operazioni di riciclaggio, però, sono quasi sempre attività che implicano movimenti di denaro a livello transnazionale, con passaggi estremamente rapidi di capitali da un paese all’altro. In questo contesto è quindi essenziale che tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie vi sia la massima collaborazione ed un continuo scambio di informazioni. Ed è proprio questo l’obiettivo cui tende l’azione europea su paesi come la Svizzera, Autria, Lussemburgo e la Repubblica di San Marino. Ma ancor di più è l’Italia a 'spingere' affinchè sia più semplice e efficace il rapporto di scambio di informazioni con il Titano.
In questo contesto, come per i paesi membri UE, sono previste anche attività formative per gli organi inquirenti, nonché l’obbligo per ciascuno degli Stati di elaborare una guida che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita ai fini della lotta al riciclaggio; tali guide dovranno essere ben precisate sotto l’aspetto oggettivo: informazioni richieste a seguito di gravi indizi di riciclaggio e/o evasione fiscale supportati da un minimo di elementi probatori. Oramai è necessaria una regolarizzazione delle informazioni, constatato che sia gli Stati Uniti che La UE hanno ritenuto fondamentale, al fine di riassettare il sistema economico finanziario e far emergere mld di euro sommersi a causa dell’evasione fiscale e riciclaggio di denaro derivante da attività illecita.
Evadere è un’attività illecita, pertanto, è giusto perseguire chi evade ed è altrettanto corretto fornire le informazioni necessarie, garantite da un protocollo certo d’intesa. Se ciò non verrà fatto, non solo si potrebbe rischiare la minaccia dall’esclusione dalla white list, ma senza mezzi termini, ci si ritroverebbe invasi da soggetti, non istituzionali che, pur non avendo alcuna autorità si potrebbero impossessare di informazioni sensibili che potrebbero essere utilizzate per fini sconosciuti, insomma, una sorta di “ricatto”.

DISPOSIZIONI INTOLLERABILI Non è tollerabile che dipendenti di enti finanziari (es. Cartasì) con una semplice delega da parte dell’Istituto, debbano interrogare la clientela degli Istituti di Credito Sammarinesi, violando le più semplici ed ovvie regole della privacy, giustificando tale violazione nell’identificazione del reale beneficiario. Le domande che stanno ponendo ai titolari di carte di credito emesse a San Marino, sono lesive non solo della professionalità delle banche sammarinesi, che hanno già provveduto all’identificazione della clientela, ma anche dei soggetti “interrogati” che pur di non essere “maltrattati ingiustamente” con domande insinuanti, riconsegnano la carta di credito all’emittente. La domanda che ci si pone è: “Perché non sono state delegate le banche o gli uffici finanziari del Titano ad effettuare tali accertamenti? La Corte di Cassazione italiana non ha sentenziato recentemente che le banche sammarinesi sono assimilabili a quelle italiane? Ed allora perché questo “finto” allarmismo, solo per approfittare di un momento di debolezza nei rapporti fra i due Stati?

È bene ricordare a tutti che la Repubblica di San Marino nell’elenco dei paesi denominati “paradisi fiscali” non viene citata e l’Ocse non l’ha inserita tra i paesi che nascondono i proventi da evasione fiscale e che non collaborano con l’Unione Europea (fonte: Italia Oggi e Sole 24ore).

1 commento:

  1. Complimenti! davvero complimenti per la precisione dell'analisi, per la dovizia di particolari, per la chiarezza dell'esposizione, per l'approfondita conoscenza della materia. Un contributo assolutamente indispensabile al dibattito in corso. Grazie, gentile signor Salvatore.

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