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venerdì 26 giugno 2009

A cosa servono le Giunte di Castello?

Di Leo Rondelli
Innanzi tutto voglio complimentarmi con la squadra vincitrice e il suo Capitano e amico Sergio Nanni. Complimenti anche alla squadra guidata dal giovane Federico Cavalli che ha riscosso un inaspettato consenso dalla popolazione. Auspico, per il bene del Borgo e dei suoi abitanti, che questa nuova Giunta di Castello non ripeta ciò che le Giunte hanno fatto fin dagli anni ottanta: non aver portato avanti i programmi enunciati e scritti prima del voto.
I programmi elettorali, abbiamo visto tutti, sono sempre vaghi: dicono tutto e non dicono niente.

A mio parere occorre seriamente fare un elenco delle cose da fare e una scaletta delle priorità, da promuovere nei prossimi 5 anni, altrimenti come è stato detto e scritto più volte il Borgo piano piano sta morendo.
Fra le tante cose da fare, mi permetto di suggerirne due, che ritengo siano le più importanti e prioritarie.
La prima: occorre realizzare al più presto il parcheggio multipiano nel campo della fiera (parcheggio funivia) e che sia di proprietà dello Stato. Indispensabile per svariati motivi che è bene ricordare, perché molti, a partire dai politici, hanno la memoria corta e si dimenticano, poi spesso le cose se non sono pensate da loro non hanno tanta strada da percorrere.
I vantaggi sarebbero evidenti, oltre a supplire alla carenza cronica di parcheggi in Borgo, si potrebbero liberare dal caos le piazze più belle di San Marino, usate come parcheggio, si potrebbe dare la possibilità a chi vive nel centro storico e lo vuole (questo per chi non ha i garage) di acquistare uno a pagamento dilazionato.
Di conseguenza si potrebbe pensare ad un arredo urbano del centro storico dandogli la dignità che il posto richiede, visto che poi siamo entrati nel Patrimonio dell’Unesco.
I mercati ed il commercio in generale (che ormai è morto) ne trarrebbero sicuramente grossi benefici e anche lo Stato con la funivia ne trarrebbe economicamente dei vantaggi.
Inoltre si potrebbero ricavare degli spazi che nel nostro Borgo mancano, ad esempio una grande sala polifunzionale, ed inserirvi anche dei servizi dello Stato invece di pagare affitti a privati.
Se i soldi non ci sono per finanziare quest’opera si potrebbero ricavare dalla vendita dei garage e prelevando ciò che occorre dal fondo pensioni, (sempre meglio che prenderli in banca) e questo sarebbe un investimento sicuro e certamente più redditizio.
Qui entrano in ballo le responsabilità delle Giunte, che non sono state capaci in questi lunghi anni di pretendere (coinvolgendo la popolazione) ciò che doveva essere fatto per lo sviluppo e il bene comune dei suoi Cittadini.
Una cosa non sono mai riuscito a capire, se sono stati fatti i parcheggi a Dogana, a Serravalle, in Città e ci volevano, perché in Borgo no, oltretutto se ne parla da ormai ben 55 anni.
Quello che fa più rabbia e male ai Borghigiani e a me personalmente, è stato il disinteresse dei politici di Borgo (e sono stati tanti), si sono sempre lavati le mani dai problemi del Castello, non hanno portato avanti, salvo casi rarissimi, le richieste legittime che la popolazione e la Giunta avevano fatto.
La seconda cosa, è la rotatoria dell’incrocio Boschetti-Cailungo, se ne trarrebbero dei grossi benefici in termini economici, e di sicurezza stradale, inoltre si diminuirebbe il carico sulla rotatoria dell’Agip, meno strada da fare per le tantissime famiglie che abitano nella zona, minor consumi, minor inquinamento e risparmio di tempo. E questo vale anche per la rotatoria bivio Sottomontana per Faetano.
Carissima Giunta, non fermarti solo alle piccole quotidianità, necessarie che siano, pensa più in grande. Fatti valere sia dal Governo, che dagli uffici preposti ai servizi.
Altrimenti è vero come dicono in molti che le giunte non servono a nulla e i soldi spesi per le elezioni sono soldi sprecati.

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giovedì 25 giugno 2009

Tutti i problemi di San Marino

di Luigi Lonfernini, su La Tribuna Sammarinese

Una serie di avvenimenti di carattere politico-istituzionale, sociale economico stanno investendo il nostro Paese ma, all’interno, a parte certe critiche di carattere più che altro formale e molto superficiali, pare che il tutto non desti eccessiva rilevanza. Il Paese ha messo insieme: problemi di natura economica dovuti alla situazione che si è venuta a creare con “l’amicha” Italia e con la congiuntura economica estremamente difficile a livello internazionale;
politica, con accuse e controaccuse da parte di esponenti di maggioranza e di opposizione sulle responsabilità che sono venute aventi nel tempo (vedi Report); sociale con i rinnovi contrattuali sia nel settore pubblico che in quello privato; politico-giudiziale, con la situazione esplosiva che si è venuta a creare all’interno del Tribunale; politico-istituzionale, con l’avere messo in piedi riforme del tutto sproporzionate alla nostra realtà e conseguentemente con l’avere impoverito le strutture già previste dagli Statuti.

Problemi di natura economica: tutti, associazioni di categoria (imprenditori e sindacati dei lavoratori), istituzioni pubbliche e private, chiedono interventi a sostegno dell’economia in generale; vengono individuati i settori che necessitano di assistenza: turistico, imprenditoriale commerciale ed industriale, ma nessuno, dico nessuno, cerca di renderci edotti dove il nostro Stato possa attingere le risorse e quindi con quale senso di responsabilità si affrontano i vari problemi che hanno un contenuto economico.
Lo Stato ha due tipi di risorse: le imposte indirette e quelle dirette: le prime sono in netta flessione sia per la crisi che colpito di vari comparti a seguito delle note vicende internazionali sia perché il giochino troppo sfruttato da parte di molte aziende con la compiacenza del potere politico (parte) si è rotto, le seconde in quanto o per effettiva incapacità di produrre reddito o per situazioni contingenti create ad arte, non sono in grado di continuare a dare un gettito alle entrate tributarie; esiste anche il caso delle aziende che operano nel settore finanziario-bancario che, stante la situazione di estrema incertezza, non saranno, con tutta probabilità, in grado di mantenere le posizioni di gettito tributario, privilegiate, per lo Stato, degli scorsi anni.

I rinnovi contrattuali ed in particolare nel settore della Pubblica Amministrazione ancora una volta vengono affrontati come se in questo Paese nulla sia cambiato e che pantalone sia ancora in grado di elargire a destra e manca in maniera larga. Se effettivamente esistono situazioni di vero disagio, in un contesto piccolo come il nostro, vanno affrontate non con interventi a pioggia ed in maniera indiscriminata ma mirati ad alleviare i bisogni che nascono da situazioni particolari; situazioni che non si affrontano con la distribuzione indiscriminata della smac card per agevolare i consumi anche di coloro che con il proprio reddito certamente non ne hanno alcun bisogno o con l’aumento degli assegni famigliari che andranno anche ad agevolare nuclei famigliari con un reddito più che sufficiente per mantenere lo stato sociale attuale.
Qualcuno si è preoccupato per esaminare la situazione che sta venendo avanti a livello di ammortizzatori sociali? Lo Stato, perdurando la crisi, è nelle condizioni di affrontare una situazione esplosiva che nasce dalla insoddisfazione di centinaia di persone che il nostro sistema economico non sarà in grado di riassorbire nel tessuto produttivo? Con quali risorse il Paese intende far fronte alle varie problematiche del mondo del lavoro subordinato?
La crisi nel settore della Giustizia non è e non solo quella relativa alla mancato rinnovo dell’incarico al Magistrato Dirigente, che, tra l’altro, l’attuale ha saputo dimostrare in termini concreti una capacità di lavoro ed una preparazione fuori dal comune, ma sono gli aspetti più degradanti che hanno coinvolto e coinvolgono procedimenti delicati e per i quali le soluzioni possibili, create ad arte sono state e sono quelle di mandarli in prescrizione. Si abbia il coraggio di tornare ai tempi in cui i Capitani Reggenti, quali Rettori dei Tribunali, avevano la capacità Istituzionale di porre fine a querelle che non solo danneggiano la Giustizia, ma creano le condizioni perché il cittadino perda quella fiducia in una istituzione che è fondamentale nella vita civile.
A livello istituzionale il degrado è sotto gli occhi di tutti tranne di coloro che, divenuti professionisti della politica, intendono, molte volte, anche senza le competenze necessarie, appropriarsi della vita politico-sociale del Paese. Gli unici che istituzionalmente ancora oggi, in base agli Statuti, rispondono del fatto e del non fatto durante il loro mandato sono i Capitani Reggenti, nonostante siano stati esautorati di ogni potere. Dirigenti di Servizi, politici, vanno esenti da ogni responsabilità: capaci od incapaci, volonterosi o meno restano ai loro posti: è stata costruita una macchina burocratica estremamente pericolosa per un Paese senza risorse materiali e con scarse risorse umane.
Si è aperto il dibattito sulla riforma della Pubblica Amministrazione; al Segretario di Stato per gli Affari Interni suggerisco due provvedimenti: i Dirigenti di alcuni servizi essenziali e delicati per la funzione quali: il Comandante della Gendarmeria, il Comandante della Polizia Civile, il Dirigente dell’Ufficio Tributario, il Dirigente del Tribunale Unico, il Dirigente della Banca Centrale, devono essere chiamati con contratto e con una durata predeterminata sottoposti annualmente al sindacato come prevedono in nostri Statuti per alcuni alti Funzionari; per tutti gli altri Dirigenti di Servizi deve essere prevista l’intercambiabilità a scadenze prestabilite. L’altro provvedimento è quello di prevede in Commissioni esterne miste: cittadini sammarinesi e forensi dotati della necessaria competenza, allo scopo di eseguire, periodicamente, nei vari Uffici visite per accertare lo stato in cui si trovano ed il rispetto delle regole proponendo poi, con relazione aperta, le possibili soluzioni in caso di accertata violazione di leggi, di scarsa diligenza o di professionalità.

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mercoledì 24 giugno 2009

28 Luglio ricorrenza “Sacra”

di Maurizio Gobbi

“L’ultimo quarto di secolo di storia italiana può tranquillamente essere considerato un periodo di riflusso politico. Dopo aver sdoganato i fascisti con la loro elevazione ad una delle massime cariche dello Stato e a quella di primo cittadino della Capitale, si cerca di fare altrettanto con l’ideologia fascista sostenendo che solo l’abbraccio mortale col nazismo ne ha incrinato la credibilità sorvolando sul suo carattere autoritario, antiparlamentare, violento fino al punto di sconfinare nel crimine politico, in definitiva totalitario e liberticida. In questo clima sono progressivamente aumentati i tentativi di sottoporre a revisionismo i giudizi sulla Resistenza, ridimensionandone la portata.
Anche da noi negli ultimi tempi si sta facendo strada una proposta provocatoria: quella di togliere dal calendario la festa che ricorda la caduta del fascismo.
Deluso dalla piega che hanno assunto gli avvenimenti politici nostrani, mi sono dedicato alla mia passione per gli studi danteschi ( approfitto per un’autopromozione: prossimamente reciterò cinque canti dell’Inferno in cinque piazze sammarinesi) e devo confessare che all’idea di farmi trascinare in un’antipatica schermaglia con l’amico Giuseppe Della Balda anteporrei quella di affinare la mia dimestichezza con garuffe e sfacci, essendo quella del biliardo un’altra mia passione coltivata fin dagli anni giovanili. Tuttavia, sollecitato da alcuni compagni, non ho potuto esimermi dal dire la mia ed eccomi qua.



Oggetto del contendere, come dicevamo, l’abolizione del “28 Luglio”, quale “festa dell’odio verso i perdenti ed autoreferenziale dei vincitori”. Allora perché non anche il 25 Marzo? Occorre intanto ribadire che i vincitori di quel lontano 28 Luglio 1943 furono le migliaia di persone in lotta, sul Pianello, per costringere il Consiglio Principe e Sovrano e il governo fascista che lo rappresentava a dimettersi, ponendo termine ad una ventennale dittatura. Non si trattò di uno scontro di fazione simile a quello tra guelfi e ghibellini, dove entrambe le parti godono di pari dignità. Qui lo scontro avvenne tra una minoranza liberticida e il popolo che si riprendeva l’antica libertà ed il paragone con la manifestazione arengaria del 1906 non è certamente fuori luogo.
Le forze in campo erano le stesse: da un lato un manipolo di possidenti e burocrati conservatori, dall’altro l’entusiasmo collettivo di una popolazione esasperata da abusi, privilegi, prepotenze.
Della Balda sostiene che la pace è un bene imprescindibile ai fini del buon funzionamento degli Stati. Oltre due secoli fa, era il 1795, lo aveva intuito anche Kant che nel breve saggio, intitolato “Per la pace perpetua”, preludeva quasi profeticamente al sorgere di una confederazione di liberi Stati repubblicani e all’audeterminazione dei popoli. Ma la pace a cui Peppino sembra alludere non è quella tra i popoli, bensì la pace sociale, intesa come assenza di conflittualità tra le parti, concetto assai arduo da sostenere in una società rigidamente divisa in classi dove il cassaintegrato e il vip non s’incontrano né allo stadio, né al ristorante e tanto meno al club, della briscola per l’uno Billionaire per l’altro. Capisco che ora il suo ruolo di imprenditore e di presidente del Circolo del Buon Governo locale lo porti su posizioni diverse rispetto a quelle sostenute ai tempi in cui intonava l’Internazionale dei lavoratori ma, come diceva il poeta latino Orazio in una sua satira, “est modus in rebus” c’è una misura in tutte le cose.
Ben venga la pacificazione coi vinti, ma all’insegna di una comune memoria condivisa che deve essere quella di una coscienza democratica e antifascista. Con tutto il rispetto per il Corpus Domini e per l’Immacolata Concezione la festa del “28 Luglio” per me, laico e non credente, costituisce un punto di riferimento importante, sacro, oserei dire. In una visione non integralista dello Stato ognuno ha dei valori che fungono da punti di riferimento ideale, nei cui confronti esige lo stesso rispetto che i credenti rivendicano nei confronti delle festività religiose.Perfezionando la propria idea Della Balda arriva a proporre la formazione di un Fondo di solidarietà gestito da un comitato di tre persone il quale si troverà a gestire la somma di circa un milione di euro annui, corrispondenti al pluslavoro di una giornata moltiplicata per i circa 20.000 dipendenti sammarinesi. Alle non poche polemiche per l’istituzione del Secondo Pilastro al Sindacato cadrebbe in testa una tegola non da poco ma credo che l’amico Peppino si stia burlando di noi e i fondo sia rimasto quel socialista intransigente e dottrinario che tutti abbiamo conosciuto.


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Lettera aperta al Direttore di RTV Carmen Lasorella

di Pier Paolo Guardigli - Direttore di SanMarinoNotizie.com

Egregio Direttore (o, se mi consente, gentile Signora), alcuni Suoi interventi, sia sulla stampa locale che sul sito della RTV, mi suggeriscono alcune riflessioni che vorrei sommessamente sottoporLe. Premetto che suonano come musica alle mie orecchie alcune Sue affermazioni, che per chiarezza e giovamento della ripetizione, estrapolo qui di seguito

“La San Marino Rtv, che ha una storia di quasi venti anni e le sue criticità, un bacino di emissione limitato, ma un organico esteso, (non sempre per necessità aziendali) sicuramente dovrà attrezzarsi per nuove sfide”. “Non si può pensare solo all’utenza sammarinese e in un linguaggio per iniziati. I fatti sammarinesi devono essere leggibili dall’esterno e il mondo esterno deve entrare a San Marino”. “L’informazione deve fare la sua parte: la denuncia, la vigilanza, ma deve sostenere anche i processi di trasformazione in atto. Inoltre, i grandi temi: i diritti umani, i cambiamenti sociali, per non parlare degli interrogativi etici e la sfida della solidarietà devono poter entrare nel dibattito anche di questa realtà. Non credo, che ampliare gli orizzonti significhi tradire la sammarinesità”.
Da membro del primo CdA della RTV, ruolo che mi ha offerto la grande opportunità di imparare molto e di sedere per alcuni anni a fianco di un grande giornalista a ‘Maestro’ come il Presidente emerito Sergio Zavoli, apprezzo la Sua ammissione di un certo affollamento, non sempre indispensabile, dell’organico aziendale. Mi auguro che sappia mettere ben presto mano a questo delicatissimo problema, ereditato più da una debolezza della politica che non di quella aziendale. Circa la criticità della modestissima estensione del bacino d’utenza, registro come la Sua intenzione di promuovere il satellite (strada che già tentammo di percorrere venti anni fa, ma senza successo) sia una proposta percorribile, oggi ancor più improcrastinabile ed interessante. Auguri.
Mi trova inoltre, caro Direttore, assolutamente solidale nell’impresa sisifica di aprire il mio paese al mondo ed il mondo al mio paese, anche attraverso il supporto di un’informazione matura e plurale. Credo che la Sua biografia professionale sia di assoluta garanzia di un successo su questa strada, quindi confido nella Sua capacità di far compiere ad RTV un salto di qualità significativo e tangibile, già nei prossimi mesi. Sebbene, mi permetta, temo che la condizione di monopolio della RTV non giovi affatto al percorso di crescita della pluralità. Comprendo che non è un Suo problema, bensì della politica e delle scelte di governo del paese, tuttavia anche su questa “criticità” auspico di sentire prossimamente un Suo autorevole e proficuo intervento. Oggi il nostro Segretario di Stato all’informazione ha espresso perplessità sull’effettivo pluralismo della carta stampata, dimenticando, ahimé, di esprimersi in merito all’informazione sull’etere: quantomeno sintomatico.
Mi permetto di suggerire una Sua maggiore attenzione allo strumento radiofonico. Temo, infatti, che la fruizione del canale televisivo sammarinese sia oggi piuttosto limitato alla fascia oraria dedicata all’informazione, testimoniando come il pubblico locale e limitrofo ritenga questa peculiarità più importante e significativa del resto della programmazione. Verrebbe da pronosticare una Sua intensificazione, da giornalista, di questo aspetto della programmazione, ma credo che saprà correggere questa Sua naturale vocazione. Sono invece persuaso che i nostri due canali radiofonici siano ampiamente sottoutilizzati rispetto al loro straordinario potenziale, e cerco di spiegarLe le ragioni.
Apprezzo il lavoro quasi ventennale dell’amico responsabile di quel settore, che già all’epoca delle prime trasmissioni seppe dimostrare la propria competenza e conoscenza dello strumento. Tuttavia trovo che la mancanza di un certo coraggio (lo definirei così) e l’assenza forse di nuovi stimoli professionali conducano ad un sostanziale immobilismo nella programmazione radiofonica. La radio, come sappiamo, ha un bacino d’utenza notevole e produce, per altro, anche interessanti utili pubblicitari. Il suo ascolto è consentito anche nei locali pubblici e nelle attività commerciali e professionali durante il giorno e durante il lavoro. Ha un potenziale straordinario soprattutto nel campo dell’informazione. Ecco, a mio avviso, gentile Direttore, questo “talento” è stato sotterrato, per dirla con la parabole evangelica, anziché essere propriamente investito e fatto crescere e maturare. Penso, ad esempio, alle programmazioni di radio come il canale Tre della Rai, con i suoi formidabili spazi informativi quali Radio Tre Mondo, una rassegna stampa di giornali e periodici stranieri, poi approfondita da ospiti e conduttori; lo storico Prima Pagina, che ogni mattina ci intrattiene con la partecipazione di un celebre giornalista (ogni settimana diverso) che sfoglia appunto le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali per poi commentarli con gli interventi telefonici degli ascoltatori; ma anche a Tabloid, dove sono le pagine interne dei giornali ad avere voce tramite intelligenti e simpatici conduttori, i quali accolgono mail ed sms dagli ascoltatori attenti; oppure al Faccia a Faccia, dove ogni settimana un giornalista diverso propone scambi quotidiani di opinioni sui fatti dell’attualità politica e di cronaca con ospiti illustri; ma pensiamo anche al mitico contenitore culturale di Fahrenheit, il cui coltissimo ed impeccabile conduttore storico (per altro, per pura curiosità, di madre sammarinese….) ci conduce attraverso percorsi librari straordinari; poi a trasmissioni dedicate al cinema, alla sacralità ed al religioso, alla lirica, ai radiodrammi, alla lettura di opere narrative, alla scienza, il tutto condito con ottima musica, non solo di origine ‘colta’.
Insomma, una straordinaria varietà di offerte, informative e culturali, sempre utili e talvolta superflue (ma è anche del superfluo che si dovrebbe nutrire la nostra conoscenza, come aveva ben intuito l’ironico Oscar Wilde), tanto per citare solo un canale dell’emittente ‘cugina’ Rai. Ma se volessimo ci sarebbero molti altri esempi, fra i quali uno dei più meritori è senz’altro il canale Radio 24, emittente del Sole 24 Ore, testata com’è noto di proprietà della Confindustria.
Ebbene, caro Direttore, con i nostri due canali disponibili, l’uno dedicato opportunamente alla trasmissione in diretta delle sedute del Consiglio Grande e Generale ed a una diffusione musicale di un pop di buona qualità, e l’altro dedicato a programmi di intrattenimento generalista, con forte impronta commerciale, la nostra radio sembra piuttosto scegliere un profilo minore, rinunciando alla missione di offrire un’informazione ragionata, approfondimenti, commenti giornalistici, con il coinvolgimento di altri giornalisti locali e non, contenitori culturali, programmi dedicati ad eventi significativi in ambito artistico, musicale, teatrale, cinematografico, tutti aspetti, per altro, di cui si può rintracciare una certa vitalità delle offerte sammarinesi, anche in ambito associativo e non solo della programmazione istituzionale.
Ritengo, infine, che oltre ad una corretta funzione informativa a 360° una programmazione radiofonica più attenta ed approfondita potrebbe assolvere anche a funzioni educative, per la crescita del livello generale dell’informazione sammarinese, stampa e web inclusi, e – perché no – per l’affinamento delle qualità di “radio ascoltatori” dei nostri concittadini, che troverebbero così nuovi spazi di partecipazione diretta.
Il mio è solo un modesto (e non richiesto) suggerimento, che le giunge però da un osservatorio privilegiato di un piccolo (che a San Marino poi diventa “micro”) editore, imprenditore della cultura e dell’informazione locali. La ringrazio per la Sua cortese attenzione.
Con una grande stima nella Sua persona e la riconoscenza per il Suo impegno nel mio paese, Le giungano i miei distinti saluti e la mia sincera cordialità.

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venerdì 19 giugno 2009

Sulla nuova Legge sulle intercettazioni

di Marino Antimo Zanotti
La nostra Carta dei Diritti sancisce la parità del cittadino, stabilendone l’equo trattamento davanti alla legge. Da ieri, 18 giugno 2009, non è più così nella nostra amata Terra della Libertà, avviata a diventare sempre più “terra delle libertà”. La legge sulle intercettazioni telefoniche, approvata in Consiglio Grande e Generale su proposta del Segretario Augusto Casali e sostenuta da governo e Maggioranza consigliare, prevede che NON si possano intercettare né i segretari di stato né i consiglieri della Repubblica Ciò che per il cittadino è consentito viene aborrito per i due soggetti menzionati, essendo giustamente i Capitani Reggenti già esclusi da indagini durante il semestre del loro incarico. Il Famoso “Lodo Alfano” impallidisce al confronto. (ricordiamo che in Italia si “proteggono” dai processi le cinque maggior cariche dello Stato).

Ciò che per il cittadino è consentito viene aborrito per i due soggetti menzionati, essendo giustamente i Capitani Reggenti già esclusi da indagini durante il semestre del loro incarico.
Il Famoso “Lodo Alfano” impallidisce al confronto. (ricordiamo che in Italia si “proteggono” dai processi le cinque maggior cariche dello Stato).
Non so se l’opposizione abbia sollevato forti proteste in merito, dal momento che ne usufruiranno anche i suoi membri; mi è sembrato fossero molto impegnati a seguire la “Frana in Movimento” del PSD, le nuove correnti centrifughe di quel partito, sempre più simile ad una polpetta non amalgamata.
Forse qualcuno ora minaccierà un Referendum abrogativo?
Forse qualcuno avrà intenzione di rivolgersi a Strasburgo?
Ma forse si dirà che non ci sono i numeri (consigliari) sufficienti, si darà la colpa a chi ha ancora una volta rivotato Gatti e co. e si reciterà stucchevolmente il ritornello sulla perdita di credibilità della Politica e la sua distanza dalla gente cosiddetta comune.
Ci si dimenticherà molto presto che ogni azione di CASTA allontana sempre più la Gente, delegittimando le Istituzioni.
Non è un caso che da tempo ormai la Politica non parli più di Costituzione o, perlomeno, riprenda il discorso colpevolmente non completato della Carta dei Diritti.
Ma se domani un consigliere sarà intercettato casualmente (nonostante Alfano) in un’indagine italiana, cosa faremo? Invocheremo ancora una volta una non precisamente definita “sammarinesità”.
Convocheremo il Signor Ambasciatore?
Oppure, obtorto collo, concederemo alla Magistratura italiana ciò che neghiamo a quella sammarinese?
Come cittadino militante al di fuori da ogni partito, mi concedo un minimo di ottimismo e di speranza.
Spero che non tutti i consiglieri sammarinesi si identifichino con i deputati italiani, paurosi d’intrusioni nella loro vita privata romana e che non considerino chiusa questa disparità grave.
Spero che la stampa sappia toccare le corde giuste di cittadini e politici.

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La parabola dell’asino caduto nel pozzo il giorno di sabato

di Mirko Tomassoni
Diceva Gesù “Se a Voi cade un asino nel pozzo in giorno di sabato (festivo per gli ebrei) lo tirate fuori dal pozzo o lo lasciate morire perché è giorno di sabato? Imparate che è il Sabato per l’Uomo e non l’Uomo per il Sabato!… così pure se Voi che siete cattivi e un vostro figlio vi chiede un pane, non gli darete un sasso o uno scorpione, tanto più il Padre celeste che è buono darà ai suoi figli…!”Parto da questa parabola per esprimere alcune considerazioni, rispetto alla notizia, che in queste ore il Segretario di Stato agli Esteri della Repubblica di San Marino, si appresta a firmare a Strasburgo il “Protocollo n.14 bis” alla Convenzione del Consiglio d’ Europa per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali.

Il botta e risposta apparso recentemente tra il Segretario di Stato e l’ex Console Federico Podeschi, in ordine a vere o presunte discriminazioni nei confronti di quest’ultimo per il suo orientamento sessuale, mi porta ad osservare che nella Convenzione del Consiglio d’ Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (http://www.echr.coe.int/NR/rdonlyres/0D3304D1-F396-414A-A6C1-97B316F9753A/0/ItalianItalien.pdf), all'art.8 comma 1 si dice "Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata...." e al comma 2 "Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica in tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca misura per la sicurezza nazionale....:" Mentre all'art.14 c'è l'articolo che si intitola "Divieto di discriminazione" e parla chiaro anche sul sesso.

Come è noto, la querelle tra l’ex Console ed il Segretario agli AAEE, è stata originata dalle dichiarazioni del Pontefice () a margine della decisione del Vaticano di opporsi in Sede ONU, alla depenalizzazione dell’omosessualità, un’ iniziativa questa proposta dalla Francia con il voto a favore di tutti gli Stati europei. Affermazioni giudicate da Podeschi come incitamento all’odio, alla discriminazione e all’omofobia. Successivamente la diatriba è continuata con un monito rivolto dalla Segreteria di Stato a Podeschi, di non presenziare ad una convocazione del Primo Ministro inglese Gordon Brown, che lo aveva invitato per complimentarsi per la forte attività di sensibilizzazione messa in campo nel Regno Unito dall’Organizzazione di cui Podeschi è Direttore Generale.

Ma ciò che mi ha spinto a scrivere queste righe, è l’ultima dichiarazione del Segretario di Stato (<…in un’occasione Podeschi ha attaccato in maniera violenta il Capo di Stato di un altro Paese e, in un’altra occasione ha omesso di seguire le istruzioni impartite dalla Segreteria di Stato per gli Affari Esteri. Nel Corpo Diplomatico e Consolare sammarinese vi sono omosessuali che svolgono con competenza e correttezza le proprie mansioni, che non sono affatto discriminati per le loro abitudini sessuali >) : Considerato lo stato di invisibilità in cui sono costretti a vivere tanti concittadini e concittadine sammarinesi omosessuali, per il basso grado di comprensione ed accettazione della società sammarinese, dove ci conosciamo un po’ tutti, a me pare davvero poco elegante, improprio e con parvenze intimidatorie e discriminatorie, questo sconveniente pubblico atto di monitoraggio degli orientamenti sessuali del Corpo Diplomatico Sammarinese. Mi chiedo se ci siano dati o elementi da render pubblici, anche sulla castità o meno di questi funzionari…

Io non avrei mai voluto entrare nel merito di questo diverbio Istituzionale, ma credo che tale vicenda, tale storia di un cittadino sammarinese, ha di fatto solo ferito e trafitto un uomo coraggioso, che fortunatamente fa della sua libertà, e non la Libertà di cui si gongola troppo spesso il nostro Paese, il suo punto di forza.

Questo Governo ha decretato senza scrupolo e dubbio alcuno che è meglio lasciar morire l’asino e l’uomo insieme, poiché la norma che uccide è meglio dell’amore e della misericordia che fa vivere! Ha decretato che è meglio dare sassi e scorpioni in faccia a chi chiede qualche pane del riconoscimento sociale e qualche diritto a non essere discriminato o penalizzato e punito o addirittura “ucciso” perché ritenuto diverso.

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martedì 16 giugno 2009

Rilancio dell'immagine di San Marino. A cosa sono serviti gli investimenti?

di Associazione ECSO - Economia Crescita Sviluppo Opportunità
Visti i continui attacchi da parte della carta stampata e dei media italiani, attraverso i quali si cerca di screditare la Repubblica di San Marino e la sua immagine, ci poniamo una domanda: a cosa sono serviti gli investimenti stanziati a grandi società internazionali per rilanciare l’immagine di San Marino? Non vogliamo mettere in discussione la serietà e le capacità di grandi società di consulenze, ma sappiamo e conosciamo bene il nostro Paese, San Marino ha bisogno di un approccio graduale con lo sviluppo, non possiamo parlare di vincere il mondiale di Formula 1 quando ancora non siamo in grado di accendere l’auto.

Servono passaggi basilari, visibilità alla nostro terra in maniera semplice e diretta, utilizzando anche canali di comunicazione allargata e testimonial d’eccezione. Dobbiamo pensare alla Repubblica di San Marino come ad un marchio da esportare nel mondo. Ben venga in Convention and Visitor Boreau, il Tutto Food, ecc.. ma tutto questo non basta. Cerchiamo di veicolare un messaggio forte, un messaggio che dovrà essere seguito da azioni di politica interna e relazione con l’esterno. Servono infrastrutture, autority, un bacino di contenimento dell’acqua, gestione rifiuti speciali, telecomunicazioni, aree industriali destinate all’ampliamento delle nostre grandi imprese e moltissime altre cose.
Dopo qualche provocazione fatta alla classe politica abbiamo finalmente letto, con molto piacere, l’opinione del consigliere democristiano Francesco Mussoni apparso su “La voce di Romagna” e riteniamo che i concetti espressi, se applicati, possano essere un buon inizio.
Per primi abbiamo rilanciato il concetto di circuito interbancario e percorso museale e siamo pronti ad appoggiare con tutte le nostre forze chiunque abbia voglia di fare sistema e creare qualcosa di concreto per il Paese. Riteniamo che sia maturo il concetto di rivoluzione del fare e non del chiacchierare, non importa di che colore siano le idee, basta che ci siano e servano a qualcosa!

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lunedì 15 giugno 2009

Giornalisti mondani e Mondani giornalisti

Ieri, per puro caso, facendo zapping su Sky, mi sono trovato sintonizzato su un programma che ha immediatamente catturato la mia attenzione: si trattava di una curiosa inchiesta sulla via della cocaina e sulla sua produzione colombiana. Il singolare “giornalista” che con arguzia, intelligenza, equilibrio, correttezza e soprattutto estremo coraggio conduceva l’inchiesta andata in onda nella rubrica “Panorama” della BBC (per me una delle migliori emittenti al mondo, fra quelle che ho avuto modo di vedere e seguire) si chiama Alex James e di professione è musicista.

James, infatti, è l’abile bassista della celebre britpop band “Blur”, e – come è facilmente intuibile – afferma di aver speso in passato almeno un milione di sterline in champagne e cocaina. Ora, mentre comprensibilmente quelli spesi nel petillant vino francese sembrano assai ben investiti, quelli dedicati alla polvere bianca devono fortunatamente avergli dato qualche problema, anche di coscienza, se ha deciso di sospenderne l’uso e dedicargli un’inchiesta dal titolo “Cocaine Diaries” andando personalmente in Colombia a capire alcune cose sull’origine della droga più esclusiva al mondo.
Partendo dal presupposto che si stimano almeno 800.000 consumatori abituali di cocaina in Gran Bretagna, James indaga sul traffico, dalla produzione alla distribuzione, rilevando come questo commercio illecito produca, oltre che ricchezze infinte, anche un numero elevatissimo di morti, ancor prima del suo consumo. La Colombia, infatti, uno dei maggiori Paesi produttivi e fornitori dei consumatori statunitensi ed europei, è il centro nevralgico di un “cartello” che gestisce i traffici illeciti ricavando enormi quantità di denaro, con un atteggiamento ancora troppo sommesso da parte del governo di quel Paese. Durante l’inchiesta James intervista il Vice Presidente della Repubblica Colombiana Francisco Santos Calderon, ma soprattutto lascia parlare i “campesinos” coltivatori della foglia, i gestori dei piccoli laboratori nascosti nelle giungla che realizzano la cosiddetta “coca basica”, utile a produrre la più raffinata cocaina che viene poi diffusa nel mondo (l’80% deriva proprio da lì). Poi a Bogotà, dimostrando un coraggio encomiabile, riesce anche ad intervistare un “dealer” locale, il quale poveretto una settimana dopo quella video intervista viene ucciso dai suoi colleghi malavitosi. Riesce ad accompagnare i corpi speciali antidroga dell’esercito colombiano durante una battuta che si svolge in territori impervi, nella quale riesce perfino ad intervistare l’informatore che conduceva quei militari ad un covo di produttori e distributori.
Insomma, davvero un’inchiesta meritoria e ben fatta, per la quale James non ha lesinato il suo coraggio, coniugandolo con un mai sottaciuto e gradevole senso dell’ironia, e mai giungendo a conclusioni o commenti personali, lasciando allo spettatore ogni possibile giudizio.
Ma ci si chiederà perché questo intervento su un programma televisivo d’inchiesta inglese? Nulla!
Mi sembrava molto interessante e soprattutto ben fatto, e quell’occasionale giornalista così mondano mi ha fatto ripensare ai nostri giornalisti professionisti “Mondani” e ad un’altra inchiesta televisiva che ho visto recentemente sul canale italiano RAI (di certo non una delle migliori emittenti al mondo) nella rubrica “Report”: che abisso di differenza, che distanza di stili culturali, che antipodi professionali, che lontananza di atteggiamenti morali, che contrasto fra un modo umile e modesto di svolgere il proprio lavoro (la propria missione?) e l’arroganza di presumere di sapere e capire tutto, sempre "da soli", come mi auguro finiscano certi nostri giornalisti “Mondani”…
Il Direttore di SMN

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mercoledì 10 giugno 2009

No alla delega forzata ad una sola lista

Lettera di Francesco Giovagnoli al quotidiano l’Informazione:
“Spettle Redazione de “l’informazione”, scrivo queste righe sullo spunto offertomi dal titolo del vostro servizio, del 9 giugno 2009, concernente l’esito delle votazioni per il rinnovo della Giunta del Castello di San Marino Città. L’amarezza è venuta anche a me, quale appartenente al folto gruppo degli astensionisti, leggendo titolo e articolo; in particolare ritengo non condivisibile l’affermazione riportata nella parte finale del comunicato stampa della Giunta di Castello uscente.

Premesso che non mi ritengo una persona disinteressata alla vita della mia Città e penso di poterlo dimostrare, cosi come per altri simili astensionisti, il consegnare il Castello nelle mani di questi ultimi, se mai fosse materialmente possibile, significherebbe, nientemeno, affidarne l’eventuale sorte non a uno sparuto gruppo di astensionisti ma alla MAGGIORANZA degli elettori iscritti (massima espressione di democrazia).
Se poi devo scegliere, preferisco sicuramente essere governato da una maggioranza eletta con i! 20% di voti, ma uscente dalla cernita di una pluralità di liste e di idee diverse, che non daI 48% di un’unica lista (a tal proposito vorrei ricordare che anche nel tanto vituperato “ventennio” si svolsero elezioni con lista unica che, guarda caso, ottenne, addirittura, la vittoria della lista ufficiale “all’unanimità”, ma non per questo si parla di massima espressione democratica o, forse, si sono davvero sbagliati a voler festeggiare il 28 luglio?).
Non posso che riaffermare la mia volontà: fino a quando non mi si presenterà una scelta, delle alternative su cui ponderare e decidere, non acòetterò di delegare “forzatamente” quanti si presentano in un’unica proposta, fosse anche la migliore, il tutto, poi, escludendo l’analisi sulla reale utilità e funzionalità delle Giunte, così come sono istituite dalla legge vigente.

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lunedì 8 giugno 2009

Lavoro: tavolo tripartito, un brusco stop preventivabile

di Andrea Zafferani (AP)
In tutta onestà, non sono rimasto sorpreso del brusco stop che sembra aver subito il tavolo tripartito. Un tavolo che, a mio parere, è quasi subito diventato un difficile luogo di mediazione fra due parti (Csu e Anis) litigiose, rivendicative, autoreferenziali e non attente ai problemi sistemici che abbiamo di fronte. E un Governo che, dopo aver preferito deresponsabilizzarsi rispetto al contratto di sua competenza (quello della PA), si è fatto prendere in mezzo sino a dover diventare promotore di alcune proposte di sintesi che non stanno in piedi.

Il sindacato ha puntato a tutelare il più possibile chi è già dentro al mondo del lavoro, chi è contrattualmente più forte: da qui l’ossessiva importanza data agli aumenti contrattuali, che non sono certamente la priorità in un momento in cui è un privilegio avere un lavoro sicuro ed è bene concentrarsi per tutelare chi il lavoro lo perde o non lo trova.
Un'altra parte, l'Anis, in cambio degli aumenti ha cercato di smontare un altro pezzettino dei diritti dei lavoratori, quelli che riguardano i loro tempi di vita, puntando ad inserire una flessibilità d'orario a discrezione dell'azienda (senza quindi alcun potere di dissenso per il singolo lavoratore, nemmeno se, a puro titolo di esempio, iniziare un ora prima la mattina, di fronte ad un asilo nido ancora chiuso, lo portasse a non sapere dove lasciare il proprio bambino).
La terza parte, il Governo, ha cercato di mediare senza avere ben chiaro il modello da perseguire, e accompagnando il tutto con una serie di misure (blocco delle tariffe in testa) diseducative, non selettive, molto costose per lo Stato, e assolutamente inutili nel medio termine.
Non si è purtroppo ragionato su quali soluzioni dare ai due fondamentali problemi che abbiamo di fronte in questo momento:
1) quale economia vogliamo e, quindi, che mercato del lavoro dobbiamo metterle a disposizione;
2) come e chi finanzierà gli ammortizzatori sociali necessari per il nuovo mercato del lavoro che avremo.
Se vogliamo un’economia competitiva, dinamica, tecnologica, innovativa, se vogliamo attirare investimenti in settori ad alto valore aggiunto, occorre certamente flessibilità in ingresso e in uscita: il modello del tempo indeterminato per tutti è probabilmente finito, un’eccessiva rigidità è negativa, rende meno produttivo il lavoratore, scoraggia le assunzioni delle imprese.
La flessibilità però aumenta la produttività, gli stimoli del lavoratore e la sua voglia di mettersi in gioco solo in presenza di due fattori: il rispetto dei suoi tempi di vita, della sua dignità professionale e la sicurezza/fiducia nel futuro.
Serve una rete di ammortizzatori sociali capaci di proteggere ogni lavoratore che si trovi in stato di disoccupazione o di non occupazione, garantendogli un reddito legato però alla formazione e alla riqualificazione, anche in azienda, così come succede nelle economie più evolute d'Europa.
Ammortizzatori e flessibilità devono andare assieme, affinché gli uni siano complementari all’altra nella creazione di un sistema virtuoso, competitivo e premiante, ma nella coesione e nella serenità sociale: la precarietà che nasce quando la flessibilità prevale sulle tutele, non è mai elemento di competitività e generatore di crescita duratura.
Credo che la soluzione stia nella flex-security, un sistema che è costoso nel breve termine (ecco perché destinare agli ammortizzatori una grossa parte degli aumenti contrattuali era per me estremamente saggia in questa fase), ma che può dare grandi risultati e mettere tutti gli attori, anziché uno contro l’altro, tutti dalla stessa parte nella grande sfida della competitività e della crescita economica; io continuerò a battermi su questa strada. Anziché discutere di qualche zero virgola di aumento o di quante ore dare in più di flessibilità, che oltretutto sono materie tipicamente contrattuali e di competenza delle parti sociali, o ancora di quali ulteriori forme contrattuali “creative” inserire (vedi outsourcing interno alle aziende), sarebbe bello che il tavolo unico iniziasse a ragionare su queste questioni “di sistema”. Spero che la pausa serva allo scopo.

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mercoledì 3 giugno 2009

SOS giovani: il sistema ha bisogno di voi

di Giacomo Volipinari
“Stavano volgendo al capolinea i famosi anni ‘80, era precisamente il 1988, quando vidi la luce per la prima volta e sempre per la prima volta mi chiesi cosa ospitasse quello splendido palazzo dal quale si poteva e si può tuttora ammirare il tramonto al di la delle colline. Oggi dopo quasi 21 anni, inizio a capire quale sia il motivo dell’esistenza di quella struttura, ma non riesco a capire come possa ospitare certi spiriti ipocriti e inadeguati alla rappresentanza della Nostra Repubblica.

Ci troviamo di fronte all’apice dell’inadeguatezza del sistema San Marino, e della politica che lo ha reso possibile insieme ai vari poteri economici.
Questa non vuole essere un affermazione per muovere inutili critiche verso il governo in carica, ma verso il “METODO” di concepire la politica che si è sviluppato dalla metà degli anni 80’, volto all’affare, alla politica prima per il politico, per gli imprenditori collegati a quest’ultimo, e per quelle cosiddette associazioni anch’esse non certamente estranee ad esso, poi forse per la Repubblica.
Quest’ultima oggi si trova di fronte ad una situazione molto complessa e non sarà certamente una mano di rosa a risolvere i problemi, quello che deve a mio avviso deve cambiare è il mondo descritto nel paragrafo precedente, ovvero il paese ha la necessità di un reale Rinnovamento, e non di quello decantato durante la campagna elettorale delle elezioni 2008, ove non abbiamo assistito ad altro che striscioni e parole al vento; d’altro canto la vecchia politica si basa e si è sempre basato proprio su quest’ultimo fattore.
Nessuno di coloro che hanno e stanno portando avanti questo sistema, ha pensato a cosa il paese sarebbe andato incontro, ed oggi dovremmo essere realisti visto che il momento è arrivato, ma non è così, ci si continua a scaricare le responsabilità, senza volgere un minimo pensiero al futuro che verrà lasciato in eredità alle nuove generazioni.
Queste ultime purtroppo non hanno avuto la capacità, o forse non si sono nemmeno interessate a questi dettagli, abbagliate dal benessere e dal pressapochismo che non può esentare certamente il “METODO” da tutte le responsabilità. Certo che anche confinare con un paese culturalmente molto arretrato con ci aiuta certamente. Per fortuna non tutta la realtà sammarinese rispecchia questo quadro.In questo delicato momento però, serve l’azione collaborativa proprio dei giovani, visto che i “vecchi” non ne hanno le capacità e le forze e l’unica soluzione oggi è quella di un reale ricambio della classe dirigente politica ed economica, che ponga termine al “METODO” che sino ad oggi ha rovinato l’Antica terra della Libertà, forse perché quest’ultimo termine è stato tradotto in modo distorto ed ingiusto.

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lunedì 1 giugno 2009

Rapina alla Carisp

di Peppino Della Balda su La Tribuna Sammarinese

Abbiamo più volte avuto l’amarezza di leggere queste notizie ma si trattava sempre della solita banda del “ Taglierino” che sottraeva qualche manciata di spiccioli. Opera di disperati e senza futuro che non fanno danni più di tanto. Questa volta invece non si tratta di taglierino ma di ghigliottina, di garrota, di forca utilizzati da una banda ben più attrezzata ed affatto disperati.
Di una banda abituata a rapine ed assalti di lusso, di quelli che contano di quelli che possono fare molti danni e mettere in ginocchio un paese ed una economia. Se il progetto di questi banditi fosse andato in porto a quest’ora non saremmo qui a valutare se sia o meno necessario un governo di unità nazionale, saremmo nei boschi ad organizzare la resistenza per cacciare l’invasore; rivendicheremo la solidarietà dei nostri compaesani residenti all’estero sempre pronti a difendere la patria in pericolo; faremmo ricorso agli organismi internazionali pér difendere la nostra sovranità e nostra indipendenza.

Una banda di così alto lignaggio, abituata a scorribande ben più importanti nel mondo dell’alta finanza, nelle telecomunicazioni, nelle aziende statali i e via dicendo, come tutte le bande, però, ha bisogno di un basi sta nel territorio, un basista che sappia fornire tutte le informazioni necessarie a prevenire le mosse della vittima, a giocar d’anticipo a dotarsi di amicizie potenti e degli strumenti necessari per portare a termine il colpo. Un grimaldello fatto di sottocultura politica, di vocazione al tradimento e al vassallaggio, di utilizzo di “om da poc” come ce ne sono tanti, di persone che considerano San Marino terra di conquista per i loro sporchi affari che però ricevono una bella sbianchettata da organismi istituzionali più o meno ufficiali.

L’assalto alla barricata non è riuscito, non è riuscito per il coraggio degli inquisiti barbaramente torturati e sequestrati, non è riuscita per il pentimento di chi in un primo tempo aveva avvallato l’operazione “rapina CARISP”, non è riuscita perché alla fine un briciolo di moralità e etica sopravvive ovunque nonostante i tempi che corrono.
Alla fine come nelle crisi, sarà proprio questo tremendo assalto a risvegliare i custodi della terra, i cittadini ingenui e creduloni e consentire una pronta e rapida ripresa dell’intero sistema che deve quanto meno adottare misure straordinarie per difendersi in modo legale, da altri possibili assalti.
Se Fabiano da Monte è stato dirottato dalla nebbia ed a causa di questa ha fallito la sua missione, noi dobbiamo contare invece sulla lucidità, sulla trasparenza e rimuovere tutti gli ostacoli che ci sono alla costruzione di una vera difesa dei nostro Stato che merita rispetto e dignità ai pari degli altri Stati indipendentemente dalle dimensioni.

Bisogna incominciare con l’allontanare quel nucleo di spie ed informatori che inquina il nostro tessuto, quelle circa i 50 “barbe finte” che a vario titolo si sono infiltrate con l’aiuto dei locali, nelle banche, nelle finanziarie, nelle associazioni, nelle imprese, nelle “consulenze” e perfino nella PA per fare in modo che le informazioni, utili e necessarie, emergano dai comportamenti e dagli organismi dello Stato che devono operare in stretta e proficua collaborazione con enti similari di altri Stati riferendosi ad atti e fatti di assoluta certezza.
Dobbiamo dotarci di un nostro “ sistema informativo”, tutto sammarinese, in grado di prevenire nuovi attacchi e nuovi assalti. Anche la politica dovrà avere il coraggio di riformarsi, di riprendere il ruolo che le è stato assegnato: ben amministrare, curare gli interessi collettivi, abbandonare il clientelismo ed il favoritismo, stimolare e recuperare quel sentimento nazionale che si va perdendo, rilanciare la cultura sammarinese, ridisegnare le istituzioni recuperando le vecchie regole per favorire la democrazia e la partecipazione.
Non è un problema di questa o quella coalizione o partito, non ci sono buoni o cattivi da schedare, è solo un problema di pronunciamento attorno ad una sola domanda: Vogliamo che il Paese rimanga libero ed indipendente e che continui nei secoli a difendere i propri cittadini rispettando i dettami della nostra storia e della “ Carta dei Diritti” ? Se a questa risposta uscirà un SI forte e deciso il resto sarà facile e rapida potrà essere al ripresa!

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