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mercoledì 10 giugno 2009

No alla delega forzata ad una sola lista

Lettera di Francesco Giovagnoli al quotidiano l’Informazione:
“Spettle Redazione de “l’informazione”, scrivo queste righe sullo spunto offertomi dal titolo del vostro servizio, del 9 giugno 2009, concernente l’esito delle votazioni per il rinnovo della Giunta del Castello di San Marino Città. L’amarezza è venuta anche a me, quale appartenente al folto gruppo degli astensionisti, leggendo titolo e articolo; in particolare ritengo non condivisibile l’affermazione riportata nella parte finale del comunicato stampa della Giunta di Castello uscente.

Premesso che non mi ritengo una persona disinteressata alla vita della mia Città e penso di poterlo dimostrare, cosi come per altri simili astensionisti, il consegnare il Castello nelle mani di questi ultimi, se mai fosse materialmente possibile, significherebbe, nientemeno, affidarne l’eventuale sorte non a uno sparuto gruppo di astensionisti ma alla MAGGIORANZA degli elettori iscritti (massima espressione di democrazia).
Se poi devo scegliere, preferisco sicuramente essere governato da una maggioranza eletta con i! 20% di voti, ma uscente dalla cernita di una pluralità di liste e di idee diverse, che non daI 48% di un’unica lista (a tal proposito vorrei ricordare che anche nel tanto vituperato “ventennio” si svolsero elezioni con lista unica che, guarda caso, ottenne, addirittura, la vittoria della lista ufficiale “all’unanimità”, ma non per questo si parla di massima espressione democratica o, forse, si sono davvero sbagliati a voler festeggiare il 28 luglio?).
Non posso che riaffermare la mia volontà: fino a quando non mi si presenterà una scelta, delle alternative su cui ponderare e decidere, non acòetterò di delegare “forzatamente” quanti si presentano in un’unica proposta, fosse anche la migliore, il tutto, poi, escludendo l’analisi sulla reale utilità e funzionalità delle Giunte, così come sono istituite dalla legge vigente.

5 commenti:

  1. In parte si possono condividere, nello specifico caso di guesta giunta, le tue considerazioni. Tuttavia il quorum è un aggeggio antidemocratico sia nei referendum che nelle elezioni con lista o liste. Alle elezioni se uno trova la sua lista rappresentativa o la persona, la vota, se non la trova sta a casa ed esprime ugualmente una scelta, alla pari di chi vota. Il non voto, la nulla, la bianca sono scelte ugualmente rispettabili, sono scelte politiche precise anche se qualcuno crede il contrario. Nei referendum si esprime un voto si o no su un quesito e il quorum serve solo a svuotare il significato politico-sociale-culturale, chi sta a casa e non vota non si è espresso nè x 1 nè per l'altro e perchè dovrebbe pesare sulla competizione democratica?
    Faccio fatica a pensare che chi non va a votare pesi come chi ci va o addirittura di più e vedo che nelle democrazie mature anglosassoni i quorum non ci sono e i cittadini scelgono liberamente questo o quello, a o b. Sul fatto che in Città ci sia solo una lista certo è triste ma non scomoderei il ventennio... Si poteva pensare di farne una seconda o... di stare a casa come hai fatto senza però che il lavoro di chi ci ha voluto provare fosse vanificato. Sul 20% che governa ho seri dubbi, se ci fossero più liste ancora si governerebbe il Castello con il 7%?? Ma fatemi il piacere!! La legge delel Giunte è pessima come quella voluta dal PSD per il Consiglio!!!

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  2. di:Pietro Solferini

    Carissimi Francesco e Marcone, condivido le vostre perplessità sulla legge ed in particolare sul raggiungimento del quorum, ma non condivido assolutamente quelle sull'astensionismo. In un sistema a democrazia rappresentativa il voto è un dovere, ragazzi, non ci si può astenere. Il voto è moralmente obbligatorio per chi fa parte della comunità, c'è poco da fare. Non si può accettare chi decide di non partecipare a questo momento comune. Dovrebbe essere reso obbligatorio al pari delle tasse. I servizi (buoni o cattivi), le strutture (buone o meno buone), la sicurezza (poca o tanta) tutto quello che è frutto dell'organizzazione della comunità (strade, marciapiedi, macchine, senso di marcia della macchine) esiste perchè un gruppo di delegati della comunità le hanno disposte. Se rifiutiamo questo è l'anarchia, il far west, l'ognuno per sè. Chi non vuole votare, se vuole essere coerente, prenda e vada ad abitare su una isola deserta. Se vogliamo usufruire del sistema scolastico, stradale, lavorativo, ospedaliero ecc... dobbiamo renderci conto che queste cose ci sono perchè qualcuno è stato delegato (cioè votato) a crearle ed amministrarle. Che poi lo faccia bene o male, questo è un altro discorso. Certo è che se le persone di coscienza non si recano alle urne, i delegati saranno sempre più espressione delle persone di poca coscienza. Sulla lista unica. Caro Francesco, con chi te la puoi prendere se in Città ne è stata presentata una sola? qualcuno ti ha impedito di costituirne e presentarne una tu? Se le cose non vanno come devono, impariamo a fare qualcosa noi, per cercare di cambiarle, non aspettiamo che le cose piovano sempre dall'alto.

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  3. Egregio Sig. Solferini, con il Suo intervento non mi ha convinto. Il “voto moralmente obbligatorio” rappresenta un bel pensiero utopistico ma, purtroppo come tanti altri ideali, fuori dal tempo anche se qualche realtà, a quanto pare, è rimasta attuale: in un passato non tanto lontano, chi rifiutò il voto alla lista unica fu mandato al confino in alcune isole (salvo, in seguito, dedicargli il nome di qualche strada o piazza se non divenire Presidente della Repubblica) oggi, invece, ci si rivolge l’invito ad andarci: in fondo non c’è molta differenza (salvo che nessuno avrà monumenti per questo). Comunque l’isola non rimarrebbe deserta a lungo; forse Le è sfuggito ma è più della metà degli elettori che non si è recata alle urne e non uno sparuto gruppetto di “menefreghisti”.

    Il dibattito sull’obbligo di votare è vecchio. Nella vicina Italia per decenni è stato vivo e acceso il dibattito sull’astensionismo, con tanto d’innumerevoli sentenze e provvedimenti della Magistratura con infinite prese di posizione, nonché moltissime asserzioni di non voto, a livello politico ed istituzionale mentre, sempre più frequentemente, diverse forze politiche invitano a non recarsi alle urne quando questo possa risultare controproducente.

    Mi sento di far totalmente mio un pensiero, largamente diffuso già nei primi anni 70, ripreso anche di recente e da molti condiviso, estrapolato da un intervento proprio in materia di astensionismo:

    “Una partecipazione praticamente totale – perché obbligata – degli elettori al voto è in realtà un dato negativo e pericoloso per ogni vero sistema democratico. ESSA IMPEDISCE UNA PRONTA PERCEZIONE E PRONTI ED EFFICACI CORRETTIVI DEL DISTACCO DELLE MASSE DAL GIOCO DEI PARTITI E DAI TEMI DEI LORO CONTRASTI, SOTTRAE SPAZIO AL NASCERE DI NUOVE FORMAZIONI POLITICHE CON UNA APPARENTE UNANIMITÀ NEI CONFRONTI DELLE FORMAZIONI TRADIZIONALI.
    L’astensionismo invece, ed ovviamente la sua propaganda e la sua organizzazione, è la forma più pronta e efficace sia per porre le forze politiche di fronte alla necessità di una loro effettiva e reale contrapposizione (e non di un artificioso gioco delle parti) in relazione alle diverse forze sociali e ideali che esprimono, sia per reagire contro ogni forma di manipolazione del giuoco elettorale.

    PER CHI CREDA VERAMENTE ALLA IPOTESI ED AL METODO DEMOCRATICI, L’ASTENSIONE DIVENTA ANZI UN DOVERE PRECISO QUANDO IL GIUOCO ELETTORALE È FALSATO, LA PROPAGANDA MONOPOLIZZATA, IL RISULTATO SCONTATO.”

    Pensiero illuminante che attribuisce all’astensionista una vera “presa di posizione e di campo”. Del resto, Sig. Solferini, se semplicemente avessi voluto aspettare “che le cose piovano dall’alto”, dopo la mia astensione me ne sarei stato zitto a casa invece di prendere pubblica posizione sull’argomento con conseguenti discussioni che, spero, possano contribuire al miglioramento di quella legge della quale anche Lei, cosi mi sembra di aver capito, nutre perplessità.

    Perché non ho presentato io una lista? Ammesso che volessi accettare le condizioni imposte dall’attuale legge sulle Giunte (per via della quale, al momento, le ritengo solo un dispendio di energie e sostanze), penso che chi se ne vuole occupare, se vuol fare le cose con serietà (come hanno dimostrato di fare i Membri della Giunta uscente che, per inciso, stimo), debba dedicarvi molto del suo tempo, da sottrarre al lavoro e alla famiglia cosa che, al momento, non posso permettermi. Quando mi è stato possibile farlo non ho mancato alla mia presenza e partecipazione ad attività politiche che, spero, di poter ripetere in futuro.

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  4. di Pietro Solferini

    Carissimo Francesco,
    mi dispiace di non essermi spiegato bene e quindi non averti convinto, le mie erano asserzioni di pura logica. Il voto moralmente obbligatorio di cui io parlavo non fa riferimento né ad utopie, né tantomento a imposizioni di regime, di qualsiasi colore lo si voglia vedere. E’ solo frutto del ragionamento, della intelligenza, della logica. Io dico semplicemente che chi fa parte di una comunità, sia essa grande o piccola, siccome comunità significa organizzazione (altrimenti ci si potrebbe tranquillamente scannare a vicenda) deve partecipare a questa organizzazione. E il primo passo di questa partecipazione, lo sforzo minimo richiesto, è il voto. Quando esci di casa e ti trovi una strada, come fai a non pensare che qualcuno quella strada l’ha costruita? Se quella strada è stata costruita significa che qualcuno ha disposto di costruirla, e questo qualcuno ha potuto farlo perché era stato eletto – e quindi votato – dalla comunità. L’organizzazione della comunità (dall’aspetto più semplice come una strada, a quello più complesso) è frutto di quella partecipazione di base, di quello sforzo minimo, di quel singolo voto, del semplice cittadino. Chi rifiuta di partecipare alla organizzazione (per i mille motivi che anche tu hai elencato) e decide di astenersi, a ma pare molto incoerente, perché poi ne beneficia di moltissimi aspetti. Astenersi significa non voler partecipare a quella organizzazione, a quella comunità. Si può anche cavalcare questa incoerenza, per carità, tutto è lecito, però non è logico.

    Per essere ancora più chiari, pensa a dei lavoratori di una fabbrica che scioperano ed ottengono un aumento. A me non pare coerente che chi non partecipi allo sciopero (perché non lo ritenga giusto, perché non gli piaccioni gli scioperanti, per le mille ragioni che vuoi tu), goda poi dell’aumento dello stipendio. Se anche l’aumento è stato minimo, se gli scioperanti fanno schifo, se l’aumento si poteva ottenere in mille modi diversi, comunque non mi pare corretto, né coerente, né logico, né intelligente che anche chi non ha partecipato allo sciopero benefici dell’aumento. Io dico: tu puoi benissimo non partecipare allo sciopero, però poi per coerenza non devi prendere l’aumento.

    Se non ti piace la legge sulle Giunte, ci sono molti percorsi per tentare di cambiarla. Finchè sarà questa, siccome facciamo parte di questa comunità, di questa organizzazione, dobbiamo accettarla. Se tu non hai tempo, né modo di dedicartici, abbi almento rispetto di chi cerca a farlo. In fondo non ti chiedono molto, solo di andare a votare.


    Pietro Solferini

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  5. Egr. Sig. Solferini, è evidente che dialoghiamo su due piani diversi e i nostri ragionamenti non trovano punti d’incontro.
    Replico velocemente al suo ultimo intervento (anche per evitare che diventi un antipatico dibattito a due) affermando, senza remora alcuna, che ho l’assoluto massimo rispetto e considerazione per chi va comunque a votare, ma altrettanto rispetto e considerazione devono andare a chi, con motivate argomentazioni e motivazioni assume questa posizione, sempreché le si vogliano ascoltare e comprendere.
    Concludo con una riflessione: si potrebbero citare, senza neanche troppa fatica, infiniti esempi su quante volte ciò che appare logico sia, invece, illogico e viceversa. A chi e a come discernere l’uno dall’altro, forse solo il tempo potrà dare una riposta (e questo mi fa trattenere dall'accettare “verità assolute”).

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