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martedì 27 gennaio 2009

EDITORIALE - Shoah: perché “dobbiamo” ricordare?

di Pier Paolo Guardigli - Direttore SMN

Molti (io fra questi) tendono istintivamente a rimuovere dalla propria mente e dalla propria coscienza gli atti e gli accadimenti più spiacevoli conosciuti nella propria vita, i ricordi peggiori e traumatici, attraverso un processo psicologico di sostanziale autodifesa.
Ecco perché l’altra sera, essendo in programmazione uno splendido film di Steven Spielberg, Schindler’s List, ho stentato a frenare il moto istintivo di cambiare canale, chiudere gli occhi di fronte al dramma, alla sofferenza, moto istintivo per proteggere me stesso dalla violenza inaudita di una storia realmente accaduta, da un dramma di un recente passato, di dimensioni incredibili ed inaccettabili. Ho voluto vedere il film, che nel 1993 alla sua uscita mi costrinsi a non vedere, malgrado il clamore suscitato dal tema, dall’eccellente critica e soprattutto dai due Oscar vinti, per la miglior regia e per il miglior film.


Ma questa volta no, forse perché sto finalmente cominciando a capire il vero senso della parola Shoah: il suo significato linguistico è quello di ‘distruzione’ e richiama l’olocausto (dal greco ‘holos’ completo e ‘kaustos’ incendio) voluto dai nazisti nei confronti della popolazione ebraica e perpetrato attraverso uno dei più efferati e violenti genocidi della storia. Ma il suo significato più lato è proprio quello riferito al dovere morale di non dimenticare, di non chiudere gli occhi, di non voltarsi altrove, neppure per proteggersi dall’orrore.
Ma perché non dovremmo dimenticare? Credo che la migliore e più etica delle ragioni sia quella di imparare a rifiutare la cultura dell’odio.
L’odio può esprimersi (e lo fa, spesso, anche fra noi, nel presente) nei modi più diversi, sotto le più diverse spoglie, talvolta perfino con giustificazioni ideologiche. Allora ancora oggi assistiamo all’odio razziale, all’odio etnico, all'odio religioso, all’odio di classe, all’odio politico, persino all’odio sportivo.
E le vittime della Shoah di un tempo possono ancora subire la persecuzione mentale di chi, ancora oggi, dissimulando un preteso ‘antisciovinismo’, in realtà dà sfogo a penosi resti di antisemitismo, camuffandolo con le più svariate ragioni della politica o dell’ideologia. Ma anche questa è Shoah, e chi – per partito preso o per pregiudizio – oggi si schiera contro il popolo israeliano dovrebbe fare ammenda ed un sano esame di coscienza.
Oggi Shoah deve significare soprattutto bandire dal nostro cuore e dalla nostra mente questa dilagante cultura dell’odio, cercando di capire che nella vita di tutti noi accade o può accadere di essere in disaccordo con qualcosa o qualcuno, di individuare dei nostri oppositori (non nemici) politici, di scoprire che qualcuno la pensa diversamente da noi, o vive diversamente da noi, ma questo non può e non deve mai generare ‘odio’.
Assistiamo anche qui da noi, sempre più spesso, a manifestazioni di odio, tanto peggiore in quanto ‘fraterno’, riservato a nostri concittadini: la politica sempre più inasprita ha prodotto questo risultato incivile. Riflettiamo oggi, in questa giornata speciale, anche su questo aspetto di imbarbarimento della nostra Comunità, e cerchiamo di reagire.
Ecco un buon motivo per ‘ricordare’, che si aggiunge agli altri sei milioni di motivi che ci offre la storia di un efferato ed inaudito olocausto, ecco per tutti noi il senso vero della ‘giornata della memoria’.

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