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venerdì 18 dicembre 2009

Sintesi del “Dossier Delta” pubblicato da La Tribuna

Il Dossier Delta ripercorre attraverso un’intervista a Mario Fantini i passaggi fondamentali della genesi del gruppo bancario, il più importante investimento mai realizzato con capitali sammarinesi in Italia. Sullo sfondo la crisi del sistema finanziario del Titano e le criticità del rapporto fra le autorità giudiziarie, finanziarie, amministrative e politiche delle due repubbliche.

Tre poteri contro San Marino

E’ stato sferrato il colpo al cuore del sistema economico di San Marino. Non è concepibile che sulla base di elementi amministrativamente importanti, ma privi del fumus del reato, sia possibile per una Procura della Repubblica italiana sottoporre a custodia cautelare 5 degli esponenti più importanti del più importante istituto bancario di uno Stato estero.


Se è legittimo che sia possibile indagare anche con la determinazione dimostrata dalle forze di polizia in queste ore, risulta del tutto inaccettabile che istituzioni di uno Stato estero possano destabilizzare l’esistenza della Repubblica di San Marino.
La partecipazione di Carisp nel Gruppo Delta è cosa nota da anni sia alle istituzioni sammarinesi che italiane e gli eventuali problemi di dominanza potevano essere risolti facilmente essendo Banca d’Italia perfettamente informata di tutti i passaggi di proprietà avvenuti fra i soci. Come è sempre avvenuto in casi analoghi in Italia, quando esistono questioni simili una procedura concordata e controllata di cessione delle quote risolve senza traumi le questioni.
In questo caso invece ‘qualcuno’ ha scatenato contro la Carisp e quindi contro San Marino, in quanto essa rappresenta la colonna portante del suo sistema economico, tre poteri, tutti altrettanto potenti da scardinare il sistema di controllo su una realtà economica che ha creato in Italia circa 1.000 posti di lavoro in pochi anni.
Tutto coincide, perché il provvedimento di Banca d’Italia che sospende i diritti di voto della componente sammarinese a pochi giorni dall’assemblea di Delta, i provvedimenti di custodia cautelare nei confronti dei vertici della Cassa di Risparmio che così non potranno difendere il patrimonio rappresentato da Delta, l’attacco fatto da Report una delle trasmissioni di inchiesta più seguite, che andrà in onda domenica prossima, fanno pensare ad una vera e propria azione concordata tesa ad un unico obiettivo: eliminare da Delta la presenza di chi le ha dato vita e cioè la Cassa di Risparmio.
Ma così facendo questo esercito che si è schierato sui campo, non sta attaccando solo una semplice banca, sta producendo una grave ferita, non solo di immagine, ad un Paese che teoricamente dovrebbe essere amico. Un attentato vero e proprio alla sovranità che deve trovare in qualche modo risposta. (…)

L’Agenzia di Stampa del Sole24Ore, Radiocor, indica come “Sopaf, azionista di Delta spa con il 15,95%, è stata informata che la Banca d’Italia ha avviato, nei confronti degli altri soci del gruppo bancario bolognese, un procedimento di revoca dell’autorizzazione a detenere le partecipazioni in Delta Spa e ha disposto in via d’urgenza la sospensione dei relativi diritti di voto Sopaf detiene quindi la totalità del diritto di voto nelle assemblee. Il provvedimento della Banca d’Italia colpisce la Cassa di Risparmio di San Marino, cui indirettamente fa capo il gruppo Delta, attivo nei prestiti, mutui, conti e leasing per famiglie e imprese. A seguito di un’ispezione in Delta, l’istituto di controllo ha rilevato rilevanti criticità su assetto proprietario, situazione tecnica, strutture organizzative e sistema dei controlli. Sopaf, che non ha rappresentanti nel consiglio di Delta, ha da tempo un contenzioso con la societa’ da cui ha chiesto il recesso”.
Una posizione questa che rasenta l’assurdo per cui chi possiede una quota di minoranza, in questo caso Sopaf, il cui legale è proprio Rayner Stefano Masera, candidato fino al mese scorso alla carica di presidente della Banca Centrale di San Marino, potrà nei prossimi giorni determinare le decisioni fondamentali dei gruppo che in pochi anni ha conquistato consistenti quote del mercato del credito al consumo in Italia. (…) Le due azioni, quella della procura e quella di Banca d’Italia determinano una strana coincidenza, per lo meno temporale.

E’ stata denominata “Varano” l’inchiesta che la procura di forlì ha avviato già da marzo 2008, ma i cui prodromi risalgono addirittura al 2004, che è sfociata nell’arresto di 5 dirigenti della Cassa di Risparmio. (…) La procura ha avanzato ipotesi di reato su 40 persone indiziate, ma il giudice Rita Chierici ha autorizzato solo 5 misure cautelari personali. Nomi in Procura non vengono fatti, quasi fossero tutelati dalla riservatezza e dal segreto, anche se ciò risulta del tutto incongruente col fatto che proprio nel momento dei 5 arresti fossero presenti non solo le telecamere della Rai, ma anche alcuni fotografi delle testate che escono a Forlì. Dopo Manfredi è il momento di Fabio Di Vizio. (…)

Il primo pensiero dell’ex amministratore delegato della Carisp va a San Marino e a ciò che è ancora possibile fare per rispondere al durissimo attacco contro il Paese.

“Occorre fare squadra, è questo l’unico modo per salvaguardare l’importante investimento che Cassa di Risparmio ha effettuato in Italia costituendo il Gruppo Delta”. E’ Mario Fantini che parla, ex amministratore delegato della Carisp di San Marino e presidente di Delta. In questi mesi tremendi in cui ha visto il suo mondo crollare improvvisamente, il primo pensiero non è per se stesso, ma per San Marino, per la Cassa di Risparmio, per tutto ciò che rappresenta in termini umani e patrimoniali il grande gruppo di credito al consumo, creato dal nulla a Bologna. “Il danno di immagine derivato dal duro attacco nei confronti del Gruppo Delta può essere contenuto solo se chi ha a cuore San Marino si unisce e mette in atto un comune progetto capace di rispondere con efficacia alla distorta idea, ormai venuta allo scoperto, di ridurre ai minimi termini il valore dell’investimento in Italia”. (…)
“Dottor Fantini – gli chiediamo – ma le procure non sono vincolate nella loro azione da precise norme di procedura che tutelano l’imputato, almeno fino a che non ne è stata comprovata la colpevolezza?”. La risposta è amara: “I diritti dei cittadini vengono calpestati soprattutto nel momento in cui le prove a carico non vengono individuate e quindi la strategia diventa quella di fare pressioni affinché tu possa confessare. Confessare cosa?!? Dovevo forse confessare che l’azione contro di noi è stata avviata perché ci siamo opposti ad una speculazione in borsa? Dovevo forse dire che il rispetto per il management di Delta rappresentato da Estuari, nasce sul
campo della capacità professionale dalla volontà e dal sacrificio tesi a conquistare un grande obiettivo?”. (…) Di fatto il giudizio è già espresso ed anche la condanna, sebbene il processo non sia ancora stato celebrato. A parere di chi scrive, il fatto che preoccupa in questa inchiesta è che il lavoro dei Pm piuttosto che essere teso alla ricerca di prove capaci di confermare il delitto, è piuttosto orientato a ricercare il delitto. Si perché proprio di questo si parla, di capire quale sia il motivo di tale e tanto accanimento nei confronti dei 5 amministratori di Cassa di Risparmio.
L’ipotesi di dominanza sul gruppo Delta deve essere comprovata, ma si tratta ancora di un’ipotesi che comunque di solito da adito ad interventi moderati di ammenda e ripristino. L’ipotesi di riciclaggio è ferma alle considerazioni sul furgone portavalori, su cui si è espresso l’organo più alto in grado di giudizio, la Corte di Cassazione. Nessun addebito è stato avanzato dalla Direzione Nazionale Antimafia che si è detto abbia esaminato il milione di assegni fotocopiati presso l’istituto Centrale delle Banche Popolari, assegni tra l’altro emessi su banche italiane dai loro clienti e quindi soggetti che hanno già subito a monte i controlli antiriciclaggio imposti dalla normativa. Le ipotesi di usura, ventilate mentre l’inchiesta stava ristagnando, sono state tutte confutate in quanto si riferivano all’applicazione da parte dei ‘recuperatori’ (agenti per il recupero dei crediti) di commissioni di qualche euro in aggiunta agli interessi previsti e fissati sotto la soglia.
Ora la novità si concentrerebbe intorno alla valutazione delle perdite su crediti che sarebbero, secondo i Commissari Straordinari, state sottostimate. (…)

Alla fine del 2006 in linea con gli accordi di Basilea II la legge italiana riconobbe la necessità di trasformare in gruppi bancari anche i gruppi che avessero nel loro seno banche in posizione non determinante quanto a rilevanza patrimoniale e incidenza sul giro di affari. La trasformazione per il gruppo Delta accelerava i tempi di un consistente aumento di capitale, già portato a conoscenza dei soci per le esigenze di crescita delle finanziarie nell’autunno del 2006 e sollecitato, sempre per Plusvalore e Carifin, da Banca d’Italia. Ciò acuì il contrasto con Sopaf che invece perseguiva il progetto (altamente speculativo e pericoloso) della fusione e della quotazione in borsa, osteggiava l’aumento di capitale e chiedeva la dismissione di Sedicibanca, fatto che avrebbe automaticamente consentito la rinuncia al gruppo bancario, ma non incideva - cosa che nessuno vuole ricordare - sull’aumento di capitale che doveva essere fatto anche in misura più consistente qualora il gruppo non divenisse a natura bancaria. “Dottor Fantini chiediamo poteva Sopaf opporsi alla ricapitalizzazione?”. “No. Esisteva fra i soci - racconta Fantini -un patto parasociale, denominato ‘Patto Delta’, condiviso da tutti gli azionisti, che obbligava a seguire gli aumenti di capitale sociale quando fossero imposti da norme di vigilanza o per il raggiungimento dei piani industriali”.
Il passo richiesto ai soci non era da poco: il capitale doveva aumentare di 230 milioni. L’amministratore delegato, Paola Stanzani, presentando il nuovo piano industriale al Consiglio di Amministrazione segnalò la nuova situazione e il conseguente obbligo di presentazione della domanda per l’iscrizione del gruppo all’albo dei gruppi bancari. Carisp e Estuari e i consiglieri di loro designazione, si dichiararono subito concordi a mantenere il progetto originario che comportava la patrimonializzazione e iscrizione. Iniziò un tormentato periodo di discussione consiliari in cui il consiglio deliberò di non aderire al progetto di fusione Linea-Ducato-Delta, e successiva quotazione, presentato dai consiglieri designati da Sopaf e Banco, e si arrivò a fine giugno all’assemblea che deliberò l’aumento di capitale sociale con il voto contrario del solo socio Sopaf. (…)


Questo era il clima che Sopaf aveva creato nella società fino a giungere alla violazione dei patti parasociali votando contro l’aumento di capitale. In quel periodo Luca Magnoni disse chiaramente che “Sopaf non avrebbe approvato l’aumento di capitale sociale e “segnalò” come, in questi casi sarebbe potuta arriva un’ispezione di Banca d’Italia”. La situazione aveva raggiunto limiti di contrapposizione assolutamente non compatibili con un clima necessario per la gestione di una società così importante, per cui il 19 giugno 2007, la Stanzani rassegnò le proprie dimissioni. Dopo di lei anche i consiglieri di nomina Cassa ed Estuari Magri, Renzi, Simoni e Casalini si dimisero. Si giunge così all’assemblea straordinaria del 29 giugno 2007 il cui compito era di decidere l’aumento di capitale con un consiglio dimissionario. Un’assemblea travagliata che richiese l’aggiornamento della seduta al 5 luglio. Infine l’aumento di capitale fu approvato con il solo voto contrario di Sopaf. Il 16 luglio i soci fondatori (Onda, Sie, e controllanti Estuari e Carisp) denunciarono a Banco e Sopaf la decadenza de patto parasociale dichiarando che erano venuti meno i presupposti dell’accordo e quindi, il 18 luglio, l’assemblea ordinaria con l’astensione del Banco e il voto contrario di Sopaf, nominava i nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione designandone 3 Estuari, 3 Carisp, e uno indipendente. In agosto Delta riceveva la comunicazione dell’avvenuta iscrizione nell’albo dei gruppi bancari. Il dado era tratto.

Fra i soci di Delta non esiste più alcuna possibilità di ricomporre lo strappo. Le idee sul progetto di sviluppo sono diametralmente opposte e il 18 ottobre 2007 viene notificato a Delta un atto di citazione in cui si asserisce l’abuso di maggioranza nella decisione per I’aumento del capitale sociale. Il 21 di novembre invece è Estuari a citare Sopaf in giudizio davanti al Tribunale di Milano per avere disatteso i patti parasociali opponendosi all’aumento di capitale sociale. E, il 29 novembre, entra i scena l’avvocato Guido Rossi che inoltra il suo, ormai famoso, esposto alla Banca d’Italia (esposto venuto a conoscenza degli interessati solo dall’esame degli atti di Forlì). Un documento di 17 pagine in cui l’avvocato porta elementi per dimostrare la tesi della dominanza della Cassa di Risparmio sul Gruppo Delta insinuando come alcune fasi fondamentali dell’evoluzione del Gruppo, in particolare la trasformazione in gruppo bancario, fossero decise preventivamente alle scelte effettuate dagli organi sociali e imposte a questi da una maggioranza (Carisp Estuari) che secondo l’accusa si sarebbe precostituita attraverso uno specifico patto non consentito dalle normali regole del diritto. L’accusa è che fra le due parti si sarebbe istituita una sorta di joint venture capace di avere il controllo di ogni decisione su Delta.
La partita si fa pesante. Guido Rossi è uno dei più potenti avvocati nel mondo della finanza italiana, uomo di grande esperienza, la cui professionalità viene utilizzata anche dal mondo politico per affrontare questioni di primaria importanza (il commissariamento della Federazione Italiana Gioco Calcio, è una delle più note), ma sopratutto è consulente del ministro Giulio Tremonti nella elaborazione del progetto che il ministro propone nelle sedi internazionali (il G20 in particolare) teso a fissare buone regole per la gestione futura della finanza mondiale, dopo i disastri prodotti dalla speculazione e dal conseguente crollo delle Borse valori. A questo punto il problema della Cassa di Risparmio si intreccia con l’ancor più complicato problema della crisi delle relazioni politiche fra l’Italia e la Repubblica di San Marino, che porterà alla fine del 2008 alla circolare di Banca d’Italia che non riconosce più l’accordo valutano in corso fra i due Paesi. (…)

Sta di fatto, ma di questo non è il Dott. Fantini a parlare, che l’influenza dell’avvocato Guido Rossi, le sue denunce presentate in alcune Procure (si dice Milano, Bologna e Forlì) e presso Banca d’Italia, a poco a poco fanno mutare il quadro dei rapporti delle amministrazioni italiane non solo nei confronti della Cassa di Risparmio e di Delta, ma anche dell’intera Repubblica di San Marino. Il primo degli eventi che si determinò fu l’avvio dell’inchiesta ‘Re Nero’. E’ il 7 gennaio 2008, un’altra figura importante della vicenda entra in scena, il Pubblico Ministero Fabio Di Vizio.

Gli inizi del 2008 vedono l’orizzonte di San Marino adombrarsi di nuvole sempre più dense. La tempesta inizia con l’inchiesta ‘Re Nero’ in cui i vertici di una banca sammarinese vengono sottoposti a restrizione delle libertà personali con l’accusa di svolgere attività bancaria in Italia senza autorizzazione. Autore dell’inchiesta il Pm Fabio Di Vizio che modula con capacità le accuse affinché i mezzi di informazione possano diventare la cassa di risonanza della denuncia dell’operatività dell’intero sistema finanziario sammarinese. Il fatto assume notevole rilevanza da un lato perchè lambisce nelle responsabilità alcuni ambienti della politica, ma sopratutto perchè provoca le dimissioni del Presidente della Banca Centrale di San Marino. Di fatto gli eventi giudiziari riguardanti singole persone fisiche o giuridiche, si trasformano in atti che mettono in discussione l’intero assetto delle regole, dei comportamenti e della classe politica sammarinese. (…)

lI 17 giugno 2008 la Repubblica di San Marino, con sette mesi di ritardo rispetto all’Italia (21.11.07), compie il primo passo verso il sistema della trasparenza, dando esecuzione alla direttiva dell’Unione Europea 2005/60/CEE in materia di antiriciclaggio. E’ in questa fase che le anomalie di funzionamento dei sistema finanziario sammarinese emergono e non trovano da parte della classe politica (ma anche da parte delle autorità finanziarie) la determinazione necessaria per recuperare i ritardi accumulati. San Marino sta vivendo l’ennesimo periodo di instabilità politica e fa slittare fino ad ottobre le decisioni fondamentali sui decreti attuativi capaci di rendere esecutiva la legge approvata in giugno. Il Moneyval apprezza l’impegno in termini di nuova legislazione, ma prima di cambiare parere richiede che le nuove regole producano effetti concreti. Intanto, in prossimità delle feste di Natale, arriva la sentenza della Corte di Cassazione che non riconosce la validità delle tesi sostenute dai Pm Di Vizio relativamente al sequestro dei furgone portavalori. (…)
“Dottor Fantini, il quadro di incertezza istituzionale non favoriva certo il decorso delle problematiche relative all’assetto societario del Gruppo Delta. Quali furono in quel contesto le reazioni dei Soci?”. ‘Al di là delle azioni presso i tribunali e Banca d’Italia, di cui abbiamo già parlato — dice Fantini — da parte dì Sopaf fu inoltrata una richiesta di recesso dalla società affermando che la trasformazione in gruppo bancario modificava sostanzialmente l’oggetto sociale di Delta. Solo in seguito Sopaf aggiunse la motivazione relativa al presunto dominio nella direzione dell’impresa”.
“Alla fine del 2008 quindi i due soci Sopaf e Banco avevano deciso di cedere le loro partecipazioni. Dottore quali decisioni adottaste nel merito?”. ‘Conferimmo mandato alla società Prometeia spa e alla Assi (Ambrosetti Stern Steward Italia) spa di individuare soci disponibili ad entrare in Delta sia per ricoprire il ruolo di enti finanziatori, al pari di ciò che stava facendo Cassa di Risparmio, sia per ruoli prettamente operativi. L’obiettivo era quello di collocare le quote dei soci che intendevano uscire da Delta, ed anche quelle parti che per effetto dell’aumento di capitale erano diventate di fatto proprietà di Sie (Carisp) e Onda (Estuari e Carisp), per ridare un assetto equilibrato alle partecipazioni”.
“Quali erano i valori intorno a cui si stava ragionando? Per intenderci, quanto valeva Delta all’epoca?”. “Prima dell’aumento di capitale la JP Morgan fece una stima sui moltiplicatori da applicare al capitate investito. La forchetta andava da 4 a 7 e quindi il valore poteva considerarsi prossimo agli 800 milioni dì euro. (…)

Il 9 novembre 2008 avvalendosi della nuova legge elettorale, il Patto per San Marino, composto da otto forze politiche, ottiene la maggioranza dei consensi e il mandato popolare per dare vita al nuovo governo. La bufera finanziaria imperversa. Il Moneyval decide il rinvio fino al settembre 2009 della decisione di togliere San Marino dalla procedura rafforzata, Banca d’Italia emana la famosa circolare che rende difficile la permanenza nel sistema dei pagamenti italiano, i rapporti della vigilanza italiana in particolare con l’Iccrea, sono tesissimi. I Pm di Forlì stanno decidendo come mettere in atto la loro strategia per avviare un’inchiesta a tutto campo. In questo clima si perfeziona la vendita della partecipazione del Banco Popolare che non crea traumi di sorta, se non quelli dovuti alla concentrazione di azioni Delta nelle disponibilità di Cassa di Risparmio e Estuari. Consapevoli del problema, la Vigilanza di Banca d’Italia viene costantemente informata dell’evolversi della situazione societaria tanto più che potrebbe profilarsi l’accordo anche per la seconda e più complessa acquisizione, quella delle azioni Sopaf. “Dottor Fantini, quali ostacoli si frapponevano all’acquisto delle azioni possedute da Sopaf?”. “Un ostacolo di natura sostanziale era che l’acquisizione avrebbe comportato un investimento “forzoso” di Cassa, che, come ricordo, avrebbe dovuto per patto con Estuari anche finanziare l’investimento fatto in Onda. (…) Sopaf chiedeva 70 milioni noi pensavamo, nell’interesse della Cassa, di poter offrire la stessa cifra concordata con il Banco e quindi non più di 40 milioni”. Una differenza sostanziale. (…)

“Dottor Fantini, il memoriale ‘Ghiotti’ ricorda che a dicembre si avviarono contatti che coinvolsero anche esponenti di primo piano del mondo politico. Cosa può dire a riguardo?”. “Le notizie che sono state diffuse sugli incontri non hanno bisogno della mia conferma. Sono i protagonisti stessi ad averle confermate più volte. Posso solo dire che a me non risulta il coinvolgimento di esponenti politici italiani’.Tutti si chiedono però, perché dovesse, in una trattativa privata, mettersi di mezzo la politica”. “Noi non eravamo disposti, anche per correttezza, ad effettuare la transazione oltre il prezzo riconosciuto a Banco — risponde Mario Fantini — dovevano essere fatti gli interessi della Cassa; in una trattativa un buon amministratore ha il dovere di comportarsi così”.
“A quanto ci risulta foste informati dei pericoli che la Cassa avrebbe corso nel caso non vi foste adeguati alle richieste di Sopaf”. “Le minacce sono sempre presenti quando un socio prettamente speculativo cerca d’imporre la propria soluzione. A queste cose eravamo abituati. Il compito restava comunque quello di proteggere la Cassa e agire in modo corretto’.
Perché allora ci chiediamo, la politica sollecitava un’altra soluzione? Pressioni vennero esercitate sul Presidente della Cassa, Ghiotti, che fu invitato a partecipare ad una serie di incontri romani e sammarinesi per tentare di convincerlo a presentare al Consiglio di Amministrazione della Carisp la proposta di acquisto per 70 milioni di euro. Sicuramente i responsabili della politica sammarinese erano stati avvisati della ‘potenza di fuoco’ che aveva scatenato l’avv. Guido Rossi presso le procure e presso Banca d’Italia e temevano che ciò avesse ripercussioni gravi sulla Cassa. Ma chiaro era anche il quadro entro cui ci si stava muovendo. Si trattava cioè di accettare o meno una sorta di forte pressione (quasi un ricatto?) per cui l’unico modo per bloccare le azioni contro la Cassa era quello di pagare il prezzo maggiorato.

Il prezzo non fu pagato e la bufera esplose. Ma i tentativi per convincere i dirigenti della Cassa non furono pochi e si protrassero per circa un mese fra dicembre 2008 e gennaio 2009, “Dottor Fantini, Ghiotti le disse delle richieste che gli erano state rivolte nel corso dell’incontro presso l’avv. Farina a Roma?’. “Il Presidente Gilberto Ghiotti promosse all’epoca un incontro con i Segretari di Stato competenti per fare il punto sulle proposte di cessione della quota Sopaf”. “Chi erano i Segretari competenti?”. ‘Finanze e Esteri”. “Quale era la proposta?’ “Venivamo rassicurati che molti problemi aperti sarebbero stati accantonati’. “Anche Forlì?”. “Anche Forlì!”. “Quale fu la vostra posizione?’ “Dicemmo che dovevamo portare la proposta in Consiglio di Amministrazione, ma il nostro parere era negativo. Non era abitudine del nostro consiglio prendere decisioni di natura economica per dare risposta a questioni di natura politica. Ogni cosa deve fare il suo corso e noi pensavamo che alla fine il diritto avrebbe prevalso. Inoltre non ci convincevano le modalità di pagamento”. “Cosa intende dire?’. Ma su questo delicatissimo aspetto il dottor Fantini preferisce non addentrarsi. Ci troviamo infatti con attori del contratto che vedono la presenza di un ente di fatto pubblico come la Cassa e dall’altro una società quotata in borsa come Sopaf; per entrambi i bilanci sono sottoposti a ferrei controlli da parte della vigilanza, dei collegi sindacali, e delle società di certificazione. Fare circolare anche un solo euro extra bilancio è praticamente impossibile.
Insistiamo chiedendo: “Chi le ha fatto la proposta sulle modalità di pagamento?’. Ma Fantini preferisce portare la discussione su un altro piano quello, ad esempio, che deve chiarire perché il governo di San Marino consideri questa vicenda come estranea all’interesse più generale del Paese e non abbia quindi mai preso una posizione netta per difendere la Cassa. “Se lo Stato si fosse fatto sentire in tutta la sua autorevolezza, - dice Fantini - molto probabilmente alcune ipotesi azzardate mosse contro la Cassa di Risparmio e contro l’intero sistema finanziario, non sarebbero state avanzate’.

I tempi erano però incerti. Il 5 febbraio San Marino per un soffio non venne estromesso dal sistema dei pagamenti. Le problematiche dell’adeguata verifica in regime di procedura rafforzata richiedevano il controllo effettivo delle banche italiane sulle banche sammarinesi quando queste dovevano effettuare una qualsiasi operazione. L’Aif (Agenzia di Informazione Finanziaria) si trova costretta ad emanare l’istruzione che di fatto consente la deroga al divieto di fornire informazioni bancarie quando una banca estera ne faccia richiesta per ragioni di adeguata verifica, di fatto l’impenetrabile segreto bancario sammarinese era stato violato. Solo agli inizi di aprile il governo riesce finalmente a nominare il nuovo Presidente di Banca Centrale, posto rimasto ingiustificatamente vacante per oltre 15 mesi. Ma intanto il G20 a Londra lancia la sfida ai paradisi fiscali e l’Ocse inserisce San Marino nella lista grigia. In questo quadro il management di Delta, conclusa positivamente anche l’ultima ispezione di Banca d’Italia, ritenendo improrogabile la necessità di definire il rapporto con Sopaf, invia alla Vigilanza italiana e sammarinese un rapporto in cui fa il punto di tutti passaggi intervenuti nella governance del Gruppo e chiede di individuare una soluzione per rendere possibile l’acquisizione delle azioni Sopaf affinché non si creino problemi relativi alla detenzione di quote in misura superiore alle percentuali consentite. La lettera è datata 23 marzo 2009 e rappresenta una prova concreta che né Cassa, né Estuari volessero esercitare il dominio su Delta. Gli eventi però precipitano e si giunge così alla notte fra il 3 e il 4 maggio 2009.
Banca d’Italia, negli ultimi giorni del mese di aprile 2009 comunica ai soci Onda, Sie e Mario Fantini la revoca dell’autorizzazione ad esercitare i diritti di voto nell’assemblea di Delta. Il 2 maggio Stefano EIli sui Sole 24 Ore scrive che al Gruppo Delta è stata revocata l’autorizzazione ad esercitare l’attività bancaria. La notizia è destituita da fondamento e pronta arriva la smentita dell’ufficio legale del Gruppo. Contemporaneamente l’azionista di minoranza Sopaf, per effetto della revoca dei diritti di voto ai soci fondatori, assume di fatto il controllo solitario del Gruppo e invia il messaggio ai mercati. E’ in quelle ore che la bufera si trasforma in uragano. Nella notte fra il 3 maggio e il 4 maggio, un esercito di agenti appartenenti a Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri, accompagnati da cameramen e fotografi, arrestano i vertici di Cassa di Risparmio ed eseguono perquisizioni a tappeto. Il 5 maggio la Procura di Forlì organizza una conferenza stampa a cui partecipano decine di giornalisti e i Pm tracciano l’intera teoria sui capi di imputazione “esercizio di attività bancaria abusiva e non autorizzata”, “riciclaggio”, “impedimento al controllo degli organi di vigilanza”. Contestualmente Banca d’Italia, a seguito degli arresti, decide il commissariamento provvisorio di Delta.
“Dottor Fantini, da parte di Banca d’Italia vi è mai stata rivolta una specifica accusa di dominanza nel controllo del Gruppo Delta?”. “Mentre per la Procura questa accusa era già certa fin da dicembre (gli ordini di cattura datati dicembre riportano già l’assunto) risponde Fantini — per Banca d’Italia tale posizione emerge come contestazione con diritto di replica, solo dagli atti notificati a Delta nei giorni precedenti all’arresto, non è stata certamente contestata negli anni precedenti in cui ogni evoluzione dell’assetto proprietario era stata costantemente comunicata”.
“La Procura di Forlì fa sul rapporto di dominanza e sull’esercizio di attività bancaria abusiva, uno dei cardini principali di accusa”. “Sull’accusa di dominanza — dice Fantini — si basa l’intero ragionamento di Sopaf per far sì che le decisioni assunte dall’assemblea che ha deliberato l’aumento del capitale, venisse revocata. Ebbene (e a questo punto Fantini fornisce un’informazione che nessuno fino ad oggi ha considerato) Sopaf ha perso la causa per la dichiarazione di nullità della delibera di aumento del capitale sociale”. Il 7 maggio (ma stranamente la sentenza è stata pubblicata in luglio) il Tribunale di Bologna ha dato ragione alla Cassa di Risparmio e ad Estuari. “Ma come — replichiamo noi — se uno dei motivi che hanno pesato sulla recente vendita delle azioni Sopaf è stata proprio la pendenza di tale causa e la decisione di revocare la denuncia nel caso la transazione fosse andata a buon fine?”. “Non credo che la Cassa — risponde - abbia dovuto sopportare un esborso maggiore per tale motivo, ma certamente Sopaf avrà esercitato pressioni per ottenere piena soddisfazione basandosi anche su una denuncia che ormai aveva già avuto un primo verdetto positivo”. (…)

Agli indagati sono stati revocati gli arresti domiciliari solo il 2 novembre 2009 e cioè l’ultimo giorno consentito dalla legge per protrarre un provvedimento teso a garantire l’efficacia delle indagini. “Dottor Fantini, come si spiega tanto accanimento nei vostri confronti?”. “Le persone arrestate il 3 maggio rappresentavano l’apice direzionale del Gruppo Delta e delle sue controllate. Con quegli arresti la magistratura ha di fatto reciso di netto ogni possibilità di contrapporre ai gruppi concorrenti una scelta, ma anche un punto di vista. Noi non abbiamo più avuto modo di comunicare con il nostro Gruppo e la campagna di informazione messa in moto, è stata diretta da un’unica voce, quella di chi voleva realizzare con Delta una grande speculazione”. Di fatto — diciamo noi — l’azione giudiziaria e ancor di più la campagna mediatica (sono stati centinaia gli articoli dei giornali italiani tutti volti a dimostrare tesi che poi, dì volta in volta, si sono rivelate più che deboli) influisce pesantemente sui valori in gioco determinandone una nuova redistribuzione. (…)

“Dottor Fantini, che ne è della norma Costituzionale sulla presunzione di innocenza fino a sentenza?”. La risposta in questo caso è forte e fa percepire un’enorme amarezza: “Io, noi, siamo stati già condannati, ci è stata inflitta la pena e la stiamo espiando. Se mai un tribunale arriverà a sentenza e dovesse, come è improbabile, attribuirci qualche addebito, non ci sarà pena che possa comminarci superiore a quella che ci stanno facendo scontare”. Effettivamente i vertici della Cassa di Risparmio coinvolti in questa triste vicenda hanno perso tutto quello per cui avevano lottato per una vita, compreso il lavoro. Un diritto anch’esso, costituzionale.

Il più importante investimento mai effettuato con capitali sammarinesi in Italia sta per essere cancellato dalle carte bollate della Procura di Forlì e della Banca d’Italia. La perdita patrimoniale sarà consistente. Un grande progetto industriale con enormi possibilità di sviluppo che in pochi anni ha conquistato il vertice delle classifiche di settore, in meno di otto mesi è stato trasformato in ‘azienda da salvare’. Forse, al momento giusto, arriverà il salvatore, ma a quel punto San Marino non potrà più dire nulla se non ringraziare chi per una manciata di euro si farà carico del problema. E’ avvilente che in un sistema di Stati dove il diritto dovrebbe prevalere, possano maturare le condizioni per un esproprio di simili dimensioni. E’ avvilente che ciò possa accadere senza che neppure un tentativo per opporsi all’evidente ingiustizia sia stato effettuato. (…)
E le istituzioni di San Marino? Zitte e immobili, quasi terrorizzate dal fatto che i partner (governo italiano, Banca d’Italia, Banca Intesa), possano disimpegnarsi e lasciare il piccolo Stato in braghe di tela. Ma come può succedere che in uno Stato dove il diritto alla proprietà è elevato a principio costituzionale, questo venga stravolto da pratiche giudiziarie dalla scarsa consistenza, da gestioni liquidatorie e il tutto condito da una connivenza delle testate giornalistiche che anche un bambino sa riconoscere per la loro parzialità? Come può succedere che gli organi di governo di uno Stato, seppur piccolo, piuttosto che protestare nelle sedi internazionali, la Corte Europea dei Diritti, prima di tutto, si tengano in disparte e subiscano l’aggressione senza chiedere “per lo meno” di avere un proprio garante che possa controllare la gestione di un patrimonio (Delta) che in parte appartiene ai sammarinesi?

1 commento:

  1. ottima ricostruzione.
    per non tirare fuori 70mil subito, crsm ha distrutto 800mil di valore,obligandosi poi a tirar fuori sempre i 70 mil iniziali; nello stesso tempo qualcuno stà distruggendo sopaf, portando il valore azionario del titolo vicino allo zero, molto probabilmente per vendetta.
    a lezione di tutti per capire quanto siano costruttive le guerre, siano esse fatte con armi o con soldi.........

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