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giovedì 19 novembre 2009

Il ruggito del topo


di Luigi Lonfernini su La Tribuna Sammarinese

Negli anni cinquanta un piccolo staterello, posizionato nelle Alpi Bavaresi, si era venuto a trovare in difficoltà economiche ed il Principe ed i suoi ministri non avevano soluzioni per uscire dalla crisi. Il primo ministro, dopo avere esaminato varie proposte, ne esaminò una che riteneva interessante e subito la sottopose all’attenzione del Principe: per superare la crisi si poteva dichiarare guerra agli Stati Uniti D’America; il Principato l’avrebbe certamente perduta e di conseguenza gli States sarebbero stati costretti a mantenere il piccolo Stato.
Era la filosofia che percorreva l’Europa in quegli anni e cioè gli Stati Uniti vincitori si apprestavano a sostenere l’Europa per superare un disastro provocato dalla pazzia di alcuni uomini, pazzia che purtroppo molti, troppi Europei avevano condiviso (con la u minuscola in quanto non meritano di essere collocati dentro il genere Umano).

Questa in sintesi la trama di un film che ebbe scarso successo. Le lungaggini diplomatiche e burocratiche nella vertenza con lo Stato Italiano stanno mettendo a dura prova il nostro piccolo Stato; da una indifferenza generale o per meglio dire da una situazione di attesa composta, i Sammarinesi stanno assumendo una posizione più attiva e preoccupata per le sorti economiche del Paese.
Alcuni Sammarinesi sono usciti anche allo scoperto mettendo insieme una sorta di protesta davanti l’Ambasciata Italiana; pochi volonterosi che comunque hanno dimostrato che la popolazione non è indifferente alle vicissitudini che hanno coinvolto l’economia del Paese in tutti i suoi settori.
Mi viene spontanea una riflessione: tutti sono consapevoli che l’atteggiamento negativo dell’Italia nei nostri confronti non è di oggi, né di ieri né di passato ieri, ma risale ad anni addietro quando chi aveva delle responsabilità di governo ben precise non ha saputo interpretare in maniera corretta che i rapporti di buon vicinato si stavano sfilacciando a seguito di situazioni interne nostre che permettevano tutto ed il contrario di tutto e quindi non sono stati in grado o non hanno voluto cogliere i segnali che ci pervenivano dall’esterno per cambiare.
I sitin davanti ai Palazzi del potere erano necessari anche allora per fermare condotte ed atteggiamenti che stavano trascinando il Paese in situazioni che poi non è stato più in grado di governare o che non ha voluto governare per convenienza o per altro.
Quando un piccolo Paese (Stato ) quale era San Marino e quale è oggi, senza risorse, sottoscrisse la convenzione con l’allora Regno d’Italia, certamente le parti contraenti erano ben consapevoli del peso specifico politico che ciascuna riusciva a mettere in campo.
La convenzione fondava le sue motivazioni su una generica reciproca assistenza che le parti si assumevano, ma era evidente che ciò avrebbe giovato, in particolare, nelle relazioni, di qualsiasi tipo e natura, comprese quelle commerciali, a San Marino poiché inevitabilmente qualsiasi attività intrapresa avrebbe coinvolto il territorio Italiano: movimento di persone, interscambio commerciale ecc.
Dal 1939 le relazioni tra i due Stati si sono svolte, tranne in alcuni brevi periodi particolari e con motivazioni di natura squisitamente politica, nell’assoluta e reciproca fiducia, nei limiti che la natura ha imposto e nel rispetto dei ruoli; la statualità di San Marino comunque era riconosciuta a pieno titolo e pertanto il suo ruolo internazionale veniva garantito.
Il rapporto di buon vicinato, che sta alla base, ripeto, dei rapporti con l’Italia, è cominciato ad incrinarsi a metà degli anni novanta allorquando sono cominciate le prime avvisaglie della Guardia di Finanza Italiana a seguito di certi comportamenti nell’interscambio commerciale, ritenuti non corretti o per lo meno non in linea con la politica di buon vicinato che le condizioni storiche e convenzionali avevano imposto alla vita interna di San Marino nello svolgimento delle sue attività imprenditoriali che, necessariamente, si rivolgevano poi verso il mondo esterno.
A quel punto la politica di San Marino, in riferimento allo sviluppo della sua economia, è divenuto sospetto, con la conseguenza che tutto il mondo imprenditoriale, compreso quello bancario e finanziario, è stato sottoposto a pressioni dall’esterno mettendo in discussione anche rapporti ed attività che le imprese di San Marino avevano da sempre svolto.
E’ bene chiarire che San Marino non ha avuto mai problemi nello sviluppare le proprie attività imprenditoriali ed in particolare quelle commerciali, in quanto tutte le attività venivano e vengono regolate, al suo interno, in riferimento ai propri interessi ed in base alle proprie leggi: è stato il comportamento di soggetti, troppi, che sono andati oltre nell’interpretare (si fa per dire) le reali potenzialità che il Paese metteva a disposizione ed i limiti, anche non scritti, che la situazione imponeva .
Le convenzioni che si sono succedute a quella del 1939 ed in particolare quella del 1972, miravano effettivamente a dare la possibilità a San Marino di svolgere attività nel rispetto di regole anche non scritte, ma che certamente lo ponevano in una posizione di privilegio, concessagli, di proposito, proprio per dare la possibilità di accrescere un potenziale economico che non aveva e quindi per attrarre capitali e risorse umane per uno sviluppo ordinato dell’economia del piccolo Paese.
Purtroppo il potenziale concessoci, è stato sviluppato in maniera eccessiva ( termine eufemistico), andando a rompere equilibri che hanno messo a repentaglio non solo la nostra economia ma anche quel rapporto di buon vicinato che era e deve tornare ad essere la filosofia che sta alla base di ogni rapporto tra i due Paesi recuperando quella fiducia che, da sempre ed in particolare dall’Unità d’Italia, ha ispirato la politica nei loro rapporti.

A conclusione se da una parte condivido gli sforzi del Governo per recuperare credibilità e quindi per abbattere tutte le barriere che sono di ostacolo per un recupero dei rapporti tra i due Stati, ritengo doveroso rimarcare che l’atteggiamento del Governo Italiano, allo stato delle cose, è incomprensibile: temo e non comprendo i motivi fino in fondo, che quella fiducia, che ha regolato i rapporti di buon vicinato, sia ancora sottoposta a verifiche con grave danno per il nostro Paese.
Perdurando questa posizione da parte dell’Italia, non ci resta che mostrare i muscoli (si fa per dire) a costo di farci rompere tutte le ossa per poi, zoppicanti, con la mano tesa e con il cappello in mano chiedere di dare sostegno ad un Paese che certamente non merita per la sua Storia di essere trattato da accattone. Forse sono andato oltre le righe, ma l’amarezza è grande.

5 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Frattini da tempo è pronto a firmare con San Marino, diverso è il parere di Tremonti, quindi direi che potremmo evitare di parlare "dell'atteggiamento del Governo italiano", visto che ufficialmente la politica estera di tale governo ci riconosce ogni diritto che ci spetta.
    Poi, vogliamo guardare al fatto che nonostante ciò non si firma? Benissimo ma si ricerchino le motivazioni, evitiamo di storpiare quello che accade fra le relative caratteristiche di politica estera dei due paesi.

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  3. E chi l'ha detto che Frattini e pronto a firmare e che la politica estera ci riconosce ogni diritto? E poi cosa starebbe a significare questa differenza tra ministri e tra politica estera dei due paesi? Forse vale la pena ricordare come funziona un Consiglio dei Ministri?

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  4. Per firmare non serve il placet di nessun Consiglio dei Ministri, sono sufficienti i plenipotenziari.
    Inoltre, in Italia, se l'Accordo è stipulato in forma semplificata non occorre nemmeno la ratifica del parlamento (non penso valga per San Marino ma è da verifiare) è sufficiente la firma del Presidente della Repubblica.

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  5. Se c'è un binomio che non funziona a San Marino è quello tra giovani e politica. La politica dovrebbe aiutare i giovani e non servirsene e se la politica vola alto i giovani hanno l'opportunità di crescere. Se la politica vola basso i giovani non ne sono attratti e quelli che lo sono, sono poca cosa. Questa è l'esatta dimensione di quello che accade alla "nostra" politica. Vecchi marpioni che si autoriciclano e quindi volano basso, giovani imberbi impreparati ma pieni di se che inevitabilmente ne sono attratti.
    Cosa rispondere all'interlocutore sopra che crede che un accordo internazionale per essere firmato non ha bisogno dell'approvazione del proprio governo? Se ha finito gli studi ha studiato male ma se studia ancora forse una full immersion di diritto costituzionale e diritto internazionale non può che fare bene. In ogni caso la politica è meglio lasciarla perdere.

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