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martedì 6 maggio 2008

Il tempo delle scelte

di Alessandro Mancini
Consigliere del Partito dei Socialisti e dei Democratici

Ho letto, nei giorni scorsi, diverse prese di posizione sull’applicabilità o meno del piano di sviluppo del comparto turistico e commerciale elaborato dalla Società McKinsey, soprattutto di forze politiche, fra le quali Alleanza Popolare e Sinistra Unita, ma anche di altre entità sociali, come l’Associazione Micologica , che condanna senza appello la McKinsey, accusandola di voler “desertificare” il territorio per far posto ai centri commerciali. C’è chi afferma che il piano prevede una “montecarlizzazione” non consona alla nostra storia alle nostre tradizioni di libertà ed alla nostra identità: insomma si è avviato un dibattito vivace, com’era d’altra parte auspicabile in un contesto pluralista e democratico quale vuole e deve essere il nostro Paese.

E allora mi permetto anch’io, come cittadino come imprenditore e come politico, di esprimere alcune considerazioni sugli scenari futuri che interesseranno la nostra realtà, a prescindere dalle ricette che la nota Società ha proposto.

In primo luogo credo di poter affermare che siamo tutti d’accordo sui cambiamenti epocali che avvengono intorno a noi e che ci coinvolgono, forse nostro malgrado, e dunque sulla necessità di agire di conseguenza, per garantire quel benessere al quale siamo abituati da tempo e che ci deve comunque appartenere, come Paese avanzato ed inserito nel contesto internazionale.
Sono altresì convinto, e per questo basta guardare gli altri Paesi ad economia avanzata, che per produrre ricchezza non vi è nulla da inventare e, in ogni settore che è deputato a produrla, sia esso quello finanziario, industriale, commerciale o turistico, vigono ben precise leggi di mercato che recitano: “ se fai così vai avanti, altrimenti sei fuori.” Ebbene: noi stiamo da tempo andando…fuori ed anche questa è una realtà incontrovertibile. Ce lo dicono gli operatori del turismo che lamentano un calo ed una dequalificazione costanti dei flussi di un’industria che, in passato, ha toccato vette rilevanti per l’economia sammarinese. Ce lo confermano le lamentele dei commercianti, le difficoltà degli industriali nel rapportarsi con la concorrenza globale, ce lo dicono i problemi che troviamo quotidianamente nell’assestare il “sistema San Marino”, nel compatibilizzare con le norme esterne il nostro settore finanziario.

Il piano McKinsey che, è bene ricordarlo, è stato commissionato dal Governo, non può prescindere da quelle regole del mercato globale di cui parlavo prima e, con lucida precisione, forse anche un po’ spietata rispetto a molte convinzioni radicate e inamovibili, indica una strada, fatta di innovazione, di investimenti e relativi ritorni economici che, se percorsa, porta, con un certo rigore scientifico e con una realistica tabella temporale, il nostro Paese a riacquistare un ruolo di primo piano nel turismo, a consolidare il comparto commerciale, rendendolo forte anche rispetto alle realtà limitrofe ed a migliorare di conseguenza il livello di produzione della ricchezza, indispensabile ai nostri cittadini per conservare e migliorare il proprio tenore di vita.
Di fronte a questa prospettiva, ma anche a quella di una vera e propria recessione, soprattutto se continuiamo a parlarci addosso, intendo esprimere innanzitutto una linea che definirei di filosofia politica. Non entro quindi nel merito della realizzabilità o meno del progetto McKinsey o del fatto che esso possa essere opportunamente adattato alla nostra realtà, come è logico: dico solo che le verità assolute non esistono, quando è in gioco il futuro e se si vuole veramente fare il bene di questo nostro Paese.

E, così, non mi sento di rigettare a priori nessuna delle proposte contenute nel progetto e che hanno l’unico obiettivo di creare ragguardevoli attrattive turistiche che, se ben strutturate, portano un indotto in termini di occupazione, di gettito fiscale, di intrattenimento, di infrastrutture, di eventi e di incentivazione del turismo congressuale di grande portata.

Certo, San Marino deve crescere di pari passo con i servizi, le infrastrutture, i parcheggi, la sicurezza sociale e via dicendo.

Un tempo, i nostri avi dicevano: “noti a noi, ignoti agli altri”. Oggi il nostro Paese con gli “altri” si deve confrontare a tutti i livelli. Si deve confrontare sul piano delle relazioni internazionali, delle regole del gioco della finanza, della concorrenza in campo industriale, commerciale e turistico.
Il sogno di un Paese chiuso, dove ognuno coltiva il proprio orticello, dove si va a far la spesa al mercato o nella botteguccia dove il benessere piove dal cielo ma non reca disturbo, si infrange contro gli scogli delle aziende che chiudono, dei negozi che abbassano le saracinesche, della crisi che è dietro l’angolo . L’unica via è quella di agire, di decidere perché se si decide si può sbagliare ma, se non si decide, si sbaglia di sicuro.

Tutte le attenzioni e, soprattutto il buon senso dovranno essere posti, non solo per garantire, ma per migliorare la vivibilità del nostro Paese, per gestire il territorio come un bene non riproducibile, per migliorare i servizi di cui i cittadini devono disporre. Occorre tuttavia potenziare anche i servizi dedicati agli ospiti, creare le infrastrutture, migliorare la viabilità, dare validi motivi per venire a San Marino, sia come turisti che come imprenditori o residenti, altrimenti, gli “ospiti” saranno sempre di meno.

Un invito dunque: dibattiamo pure, confrontiamoci, diamo il nostro contributo di idee ma, il non decidere per la paura di cambiare la nostra natura, la nostra tradizione, il nostro stile di vita è un vero e proprio controsenso perché, purtroppo o per fortuna, il mondo è già cambiato e se non avremo il coraggio di adeguarci,tutti quei valori che vogliamo difendere e che sono la nostra vera ricchezza, una ricchezza esportabile, saranno sepolti e travolti dalla realtà che cambia ed evolve intorno a noi.

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