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giovedì 30 ottobre 2008

Elezioni imminenti: dagli USA a San Marino

L'articolo di apertura del numero di San Marino Fixing da domani in distribuzione guarda con attenzione alle elezioni. Quelle più imminenti, quelle statunitensi, analizzate da una prospettiva interna, quella di Roberto Balsimelli, Console generale della Repubblica di San Marino a New York. Ecco il testo completo dell'intervista, realizzata da Saverio Mercadante.


Mancano pochi giorni al voto presidenziale americano. Tutto il mondo volge lo sguardo verso il gigante in crisi per vedere chi si siederà nella stanza ovale della Casa Bianca. In questo ultimo mese della campagna elettorale la crisi finanziaria e economica è stata la madre di tutti i comizi elettorali dei due candidati. Barack Obama ha puntato a presentare il candidato repubblicano come la fotocopia di George W. Bush, quello che farà cadere l'America in una crisi senza fine. John McCain ha soffiato sul fuoco dell'aumento delle tasse e delle redistribuzione dei redditi, annunciati da Barak. Roba da marxisti, insinua la candidata vicepresidente, Sa­rah Palin. Il vecchio marine che ha fatto la guerra del Vietnam si batte contro lo stile cool del primo afroamericano che ha fatto breccia nel partito democratico, sconfiggendo contro ogni previsione Hillary I, presidente designata della casata dei Clin­ton, che insieme a quella dei Bush, da sedici anni regnano sulla Terra dei Due Oceani. Da almeno cento anni ancora una volta la modernità passa dagli Stati Uniti. Chiunque vinca, i giovani, le donne, le minoranze razziali sino a sessant'anni fa sot­to il giogo delle leggi segregazioniste negli sud degli Stati Uniti d'America, sono stati i ve­ri protagonisti di queste elezioni USA di inizio del terzo millennio. Da New York, all'interno dell'analisi di questi ultimi giorni della campagna elettorale, Roberto Balsimelli è stata la nostra "voce di dentro": ci ha portato un punto di vista inu­suale sulle elezioni americane e sulla comunità dei sam­ma­rinesi d'America. "Come tutte le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, anche questa volta si sentono e non si sentono. Se ne parla molto più nelle televisioni e nei giornali. La percentuale di votanti qui è molto bassa rispetto a quella altissima di San Marino e dell'Europa. Anche nei bar, nei pub, nei posti di lavoro o in quelli pubblici se ne discute molto poco. Comunque, la crisi finanziaria e economica è stato certamente un fattore che ha determinato un interesse maggiore del solito". Le parole di Roberto Balsimelli, il Console generale della Repubblica di San Marino, ci arrivano da New York pochi giorni prima delle elezioni presidenziali americane americane. Il suo punto di vista di osservatore dall'interno degli umori metropolitani è molto interessante sia sul versante Usa che su quello dei sam­ma­ri­nesi d'America. Mentre scriviamo, sulle prime pagine di tutto il mondo la notizia di un complotto per assassinare il candidato presidente degli Stati Uniti Ba­rack Obama e uccidere, sparando o decapitandoli afro­ame­ri­cani in Tennessee. Il piano, messo a punto da due presunti neona­zi­sti skinheads, è stato sventato da investigatori federali america­ni. Ne ha dato notizia il net­work televisivo Fox News. In un'in­tervista alla Bbc Obama ha provato a stemperare i toni, mini­miz­zando l'accaduto: "Si tratta di gruppi completamente marginali, non rappresentano la realtà dell'America" ha detto il senatore dell'Illinois. D'altra parte, Obama in queste ore forse è più preoccupato dai sondaggi che vedono in risalita il candidato repubblicano John McCain. Infatti, continua ad assottigliarsi il suo vantaggio. Mc­Cain lo insegue con soli 4 pun­ti percentuali di distacco nelle intenzioni di voto dei potenziali elettori americani: per la precisione, il candidato democratico è accreditato del 49 per cento a fronte del 45 per cento dell'avversario. E' quanto emerge, quando andia­mo in stampa, dall'ultimo ag­gior­namento in ordine di tempo del sondaggio realizzato dall'istituto demoscopico 'Zogby' per conto dell'agenzia di stampa 'Reu­­ter's' e del notiziario tele­ma­ti­co 'C-Span', e che è corretto ogni 24 ore sulla base di blocchi di tre giorni consecutivi, così da garantire la massima attendibilità possibile. La grande paura: la crisi economica e finanziaria Ma torniamo all'analisi del nostro "inviato speciale" da New York. "Per quanto riguarda le te­ma­ti­che economiche, Barack Obama fa discutere - sottolinea Balsimelli - perché lui dice che aumenterà le tasse a chi fa molti soldi. E quelli che fanno molti soldi dicono: io vado via e allora chi impiegherà quelli che hanno pochi soldi? Gli exit poll indicano che Barack Obama è davanti, ma io credo che ci sia ancora molta incertezza". "La mia opinione sulla crisi - continua Roberto Balsimelli - è che dopo il boom economico dei prodotti tecnologici e informatici durante la presidenza Clinton che ha creato fatturato per l'A­me­rica in tutto il mondo, è rimasto poco. Ora non c'è sul mercato americano un altro settore come quello che può esportare i suoi prodotti sui mercati mondiali. C'è una 'calma' tremenda. L'altro problema, è quello che anche da noi il lavoro viene delo­ca­liz­zato in Messico, Sud­ame­rica, in India. Gli operai americani sono fortemente penalizzati. E' un tema da affrontare, non si può andare avanti in questo modo. Sul fronte dei mutui sub­prime, anche tra i cittadini sam­marinesi senza dubbio qualcuno ha perso molto. Tutti sono fermi, non vendono le loro azioni, è meglio tenerle nel 'gioco' finanziario piuttosto che venderle". Il peso di otto anni di presidenza George Bush "Dopo ventuno mesi e tre dibattiti, il senatore McCain non è stato ancora in grado di dire al popolo americano quale sia una sola cosa significativa che farebbe di diverso da George Bush sull'economia". E' stato questo il pilastro del discorso che Barack Oba­ma ha tenuto a Canton, in Ohio, lo Stato-chiave che ha votato due volte per Bush ma che vede ora lui avanti nei sondaggi. "La presidenza Bush - commenta il Console - ha attraversato certamente un periodo molto difficile, dall'11 settembre alla guerra in Iraq. La famiglia Bush è stata fedele ai suoi principi, sbagliando e non sbagliando, ma non ha mai fatto scandali. George Bush non è stato un playboy - insinua divertito Roberto Balsimelli - forse è stato duro nelle sue decisioni, solo la storia nel futuro potrà darci un giudizio sereno sulla sua presidenza. Come con Ronald Reagan". Quella dell'Ohio da parte di O­ba­ma, d'altronde è stata una scelta di profondo valore simbolico. Da quando Abramo Lincoln fu eletto nel 1860, nessun repubblicano ha mai raggiunto la presidenza senza imporsi in Ohio: in questo stato gli elettori hanno indicato il vincitore nelle ultime undici gare presidenziali. In casa repubblicana, il tema dell'economia è diventato il tor­men­to­ne anti Obama degli ultimi co­mizi di McCain: sta battendo come non mai sui temi dell'aumento delle tasse e sulla re­di­stribuzione della ricchezza, proposti da Ba­rak Obama. Sarah Palin, la discussa candidata alla vice presidenza, ha accusato Obama addirittura di ispirarsi al Manifesto di Carlo Marx. Intanto McCain è stato costretto a trascorrere lo scorso fine settimana facendo comizi negli stati tradizionalmente repubblicani, dove l'effetto Obama sta prendendo sempre più piede. La comunità sammarinese è divisa tra repubblicani e democratici "Non abbiamo avuto contatti diretti con i due candidati - ci dice Balsimelli dalla costa occidentale -, io personalmente ho assistito a un dibattito nel Long Island, ma solo perché era molto vicino a casa mia. Gli unici contatti - scherza il console - sono con la Casa Bianca che ci manda i suoi augu­ri per la Festa di Sant'Agata". "Qui a New York la comunità sam­marinese non esprime un voto in una sola direzione: è divisa tra chi vota repubblicano e democratico, ma anche su come sono cambiati i due partiti in queste elezioni, in senso più liberale o conservatore". "Credo che nelle scorse elezioni - prosegue -, secondo il mio feeling, i sam­ma­ri­nesi siano stati più vicini ai democratici che ai repubblicani. D'altronde le tendenze liberali sono più forti sulle coste americane che non nel cuore degli Stati Uniti. Lì si è molto più conservatori". "Dopo queste elezioni - conclude il Console Roberto Balsimelli - come tutti i cittadini americani anche i sammarinesi d'America si uniranno al vincitore di queste elezioni. Noi sammarinesi, comunque rimaniamo ancora così attaccati alla nostra Repubblica che sentiamo un po' meno le elezioni americane, ci sentiamo più vicini a quelle sam­ma­ri­nesi. Forse perché il nostro Stato è così piccolo siamo così attaccati alla nostra patria". Quella che va verso le elezioni del 4 novembre, è un'America ferita e lacerata nel suo ruolo forse sempre più anacronistico di sce­riffo mondiale della democrazia. E' un'America indebitata e impoverita, in crisi di credibilità dopo il fallimento della suicida finanza creativa che troppe illusioni aveva sparso e ha la­sciato sul lastrico troppe famiglie. I barili di carta, i futures, e la finanza di carta, i derivati, sono i simboli veri di questa America di inizio secolo assediata più dal­le sue speculazioni assassine che da Bin Laden. E' un'America che rischia come mai, almeno dal dopoguerra ad oggi, di vedere messa in discussione la sua leadership mondiale. Eppure, nonostante i segni inop­pugnabili della crisi di un'era che sta finendo, la campagna elettorale americana, è quella che manda, più di ogni altra, al mondo intero, al di là del proprio ruolo di naturale leader planetario, i segnali più interessanti della modernità del terzo millennio. I giovani, le donne, gli afro­ame­ri­cani, (il fattore "black" può essere ancora decisivo in un Paese che solo sessant'anni fa ha abolito negli stati del sud le leggi segregazioniste), le cosiddette minoranze, sono i protagonisti, e "rischiano" o "hanno rischiato", di diventare presidenti degli Stati Uniti. Qualunque sia il risultato, se non punterà sul cambiamento invece che sullo status quo, sulla speranza invece che sulla paura, su l'unità invece che sulla divisione, gli Stati Uniti non faranno ma­le solo a se stessi ma al resto del mondo.

1 commento:

  1. Articolo interessante: complimenti a Saverio Mercadante. So bene che l'elezione del presidente in USA è "questione riservata a pochi", tuttavia - al contrario di ciò che sostiene il nostro Console Balsimelli - non credo che questa volta la contesa sia rimasta inosservata, così come non credo - contrariamente al pensiero del bravo cronista - che la notizia del tentato complotto abbia avuto alcun fondamento reale.
    Mi conforta sapere che i nostri concittadini in suolo americano partecipano alla disputa politica, ma che in cuor loro sono assai più significative le elezioni del 9 novembre che non quelle di martedì prossimo!
    Peccato che qui - a differenza degli Stati Uniti - non apprezziamo mai abbastanza questo sincero e sano sentimento patriottico.

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